sabato 31 dicembre 2011

Trovata una villa di epoca romana

Trovata una villa di epoca romana
Michela Corridore
il Centro L'Aquila 02-SET-2005
L'AQUILA. Gli scavi compiuti nella zona intorno al Municipio di Villa Sant'Angelo hanno portato alla luce un prezioso tesoro archeologico. Il Comune d'intesa con la Soprintendenza per i beni archeologici d'Abruzzo a giugno aveva incaricato la cooperativa Vestea di procedere «all'esplorazione» dell'area.

Lo scavo ha portato alla luce importanti resti con datazione dal III secolo a.C. al IV d.C. Tra gli altri, una villa di età romano-imperiale che potrebbe aver dato origine al nome del Comune e una moneta d'argento della seconda guerra punica. Villa Sant'Angelo quindi ha origini romane e non medievali.
La storia dello scavo archeologico di Villa Sant'Angelo ha inizio circa 20 anni fa. Nel gennaio del 1986, infatti, nella zona della scuola elementare, furono rinvenute tre sepolture riferibili all'età imperiale romana. Da allora, tuttavia, la zona, seppur di grande interesse archeologico, non era stata più esplorata fino a quest'estate quando il sindaco del Comune, Pierluigi Biondi, ha deciso di finanziare, per un totale di circa lOmila euro, una nuova campagna di scavi. Le operazioni, condotte tra giugno ed agosto, sotto la supervisione dell'archeologo Vincenzo D'Ercole, hanno portato alla luce interessanti reperti con una datazione che copre l'arco di settecento anni: dal in secolo a.C. al IV d.C. In particolare, sono emersi i resti di una necropoli in uso tra il II e la metà del IV secolo d.C. e quelli di un edificio romano che sarebbe possibile identificare come una villa. L'edificio, di cui sono stati trovati alcuni muri, giace in gran parte nel sottosuolo compreso tra la strada e le abitazioni moderne e per questo non è stato possibile riportarlo alla luce nella sua interezza. Proprio all'esterno dell'antico edificio è stata rinvenuta parte di una necropoli: dieci tombe di epoca romana che conservano i resti sia di individui adulti che di bambini, in ottimo stato di conservazione. Interessanti anche i corredi delle tombe, composti da "pocula" (bicchieri in terracotta), lucerne e monete in bronzo, databili in un periodo compreso tra il 340 d.C. e il 380 d.C. «Grazie a questo tipo di reperti» spiega D'Ercole «possiamo affermare con certezza quale fu il periodo di utilizzo dell'area cimiteriale». Tuttavia, nella stessa zona, sono emersi anche reperti notevolmente più antichi. Si tratta di una moneta in argento di epoca repubblicana (211;208 a.C.) e di un imponente muro a grandi blocchi, identificato solo durante l'ultimo giorno di scavo, che farebbe pensare ad un edificio di culto in uso alla fine del III secolo a.C, durante la seconda guerra punica. «Questi resti ci fanno supporre che la zona intorno al Municipio di Villa Sant'Angelo sia stata utilizzata per un lungo periodo, almeno dal III secolo a.C. al IV d.C.» afferma D'Ercole «con questi scavi è stata completamente superata l'ipotesi, in voga fino a qualche anno fa, che Villa Sant'Angelo avesse origini medievali. Bisogna, per questo, ringraziare l'amministrazione comunale che ha avuto il coraggio di investire tempo e denaro nell'archeologia». Soddisfatto anche il sindaco Biondi, che afferma: «Appena sarà possibile, proseguiremo lo scavo e allestiremo, all'interno del Municipio una sala espositiva con i resti rinvenuti in questa operazione».

mercoledì 21 dicembre 2011

Il Tevere restituisce tesori e sabbia

Il Tevere restituisce tesori e sabbia
Giulio Mancini
Messaggero Cronaca di Roma 22/9/2005
Il Tevere tornerà ad essere il nastro trasportatore di sabbia che lungo tutta la sua storia ha allungato la foce nel Tirreno, spostando solo negli ultimi duemila anni il limite della terraferma di oltre due chilometri. Basterà riversare le centinaia di migliaia di metri cubi di rena accumulatasi a ridosso della diga di Corbara, vicino Orvieto.
E' la ricetta alla quale stanno lavorando l'Autorità di Bacino del Tevere e l'assessorato regionale all'Ambiente per combattere l'erosione che attanaglia la costa di Ostia, Fiumicino e Focene. Lo studio propedeutico è stato svolto durante l'estate a cura della facoltà di Ingegneria dell'università "La Sapienza" attraverso un nuovo strumento, l'ecoscandaglio multifascia "multibean", in uso per la prima volta in Italia. Si stanno rilevandole dinamiche di trasporto sul letto del fiume e i dati si confronteranno con una nuova campagna prevista per la primavera prossima.
Il modernissimo strumento ha anche consentito importanti scoperte in campo archeologico: reperti e strutture sono affiorate dai fondali e sono state "fotografate" dallo scandaglio. Tra queste il basamento del Ponte Sublicio, torri di difesa delle mure Aureliane e colonne affondate a Fiumicino.


Emerge dalle sabbie del Tevere la storia della Roma di duemila anni fa. Un "libro" sul passato, scritto con fasci di ultrasuoni e tecniche sofisticate che ci restituiscono ponti, torri difensive e traffici marittimi.
E' una città antica che trova conferme ma anche sorprese rispetto alle ipotesi degli archeologi quella che si sta rivelando dagli studi avviati dalle facoltà di Ingegneria e di Scienze dell'università La Sapienza. Grazie a una tecnologia sperimentata per la prima volta in Italia, gli esperti per conto dell'Autorità di Bacino Tevere e dell'assessorato regionale all'Ambiente hanno passato "al setaccio" i fondali degli ottanta chilometri terminali di fiume. Abbinando i metodi convenzionali di indagine geofisica (i sonar) al nuovissimo ecoscandaglio multifascia (detto multibean), sono affiorate interessanti scoperte archeologiche.
«In alcuni casi — spiega Pia Federica Chiocci, ricercatrice di Topografia antica presso la facoltà di Scienze umanistiche — le ricostruzioni hanno rivelato la presenza di manufatti che suggeriscono importanti novità nella ricostruzione dell'antica topografia di Roma. I dati sono ancora in fase di elaborazioni ma alcune indicazioni sono già chiare».
Innanzitutto quello che si sospetta possa essere il Ponte Sublicio, opera definita dagli esperti una delle mitiche fondazioni di Roma. «Immediatamente sotto l'Aventino, nei pressi dell'Istituto San Michele — segnala Chiocci — lo studio ha evidenziato la presenza di due piloni di un ponte che era ancora visibile alla fine dell'800. Si tratta con ogni probabilità dei resti del più antico ponte di Roma, il Pons Sublicius, fatto demolire alla fine del '400 da papa Sisto IV per ricavarne con il marmo palle di cannone».
Ma a offrire una rilettura curiosa della antica Roma è il ritrovamento di strutture immerse in due punti diversi del Tevere eppure tra loro connessi. «All'altezza di Testaccio - prosegue l'esperta di Toponomastica antica - nel punto in cui le mura Aureliane attraversavano il fiume, le immagini multibean evidenziano la presenza di una potente struttura in blocchi. Si tratta di cubi di sei metri per otto, alti diversi metri. E possono essere messi in relazione con le strutture rilevate più a nord, cento metri a monte di Ponte Sisto, e interpretate in passato come resti del Pons Agrippae. Anche in questo caso le strutture si ritrovano in connessione con il circuito murario nel punto in cui avveniva il passaggio da Trastevere a Campo Marzio. L'ipotesi è che quei blocchi immersi nel Tevere fossero dispositivi di difesa quali torri che dal 271 dopo Cristo, svettando nel centro del fiume, controllavano i punti in cui a nord e a sud la città restava sguarnita».
Lo studio con la nuova tecnica ultrasuoni oltre che confermare la presenza del Pons Neronianus al di sotto di ponte Vittorio Emanuele II, tuttora visibile anche nei periodi di magra, ha poi fatto scoprire reperti a dieci-quindici metri di profondità. «Si tratta di due aree a monte di Capo Due Rami, nei pressi di Fiumicino — svela l'esperta - Qui sono state rinvenute colonne e blocchi che dalle misure suggeriscono la loro antichità. Sono reperti che hanno misure multiple del piede romano. Dai sedimenti del fiume, infatti; emergono colonne lunghe 20 piedi (circa sei metri, ndr) dal diametro di due piedi e mezzo (circa 75 centimetri), colonne più larghe e blocchi quadrati di cinque piedi e mezzo (circa 165 centimetri)». Potrebbero essere lì per le conseguenze dell'affondamento di una nave.
Gli studi proseguono, in particolare sulle rilevazioni acquisite nel Tevere nei cinquanta chilometri a monte di Roma. «Da quella zona - anticipa Chiocci - ci aspettiamo indicazioni importanti su ponti dell'area di Veio, della Salaria, dell'Etruria: saranno determinanti per ricostruire nel dettaglio la rete di collegamenti extraurbani nell'antica Roma».

domenica 18 dicembre 2011

The Roman Roads



Le strade romane furono essenziali per la crescita dell 'Impero Romano, consentendo ai Romani di spostare eserciti e merci i e di comunicare le notizie. Al suo culmine, il sistema viario romano arrivava a 53819 miglia (85004 km) e conteneva circa 372 collegamenti.

I romani divennero abili a costruire strade, che chiamavano viae. Esse erano principalmente strade carrozzabili, destinate ai mezzi di trasporto di materiale da un luogo ad un altro. Queste strade erano molto importanti per mantenere sia la stabilità e l'espansione dell'impero. Le legioni si spostavano in tempo utile su di loro, e alcuni sono ancora in uso millenni dopo. Nella tarda antichità, queste strade hanno svolto un ruolo importante nella espansione militare romana per inverno hanno offerto vie di invasione di barbari.

LA GROMA



Descrizione della famosa GROMA romana e video di una delle sue applicazioni presso l'esercito Romano.

La Groma

La Groma

E' uno strumento di rilevazione per la misurazione della terra usato nell'antica Roma sia per la definizione dei confini, che per le comuni misurazioni agresti o per l'assegnazione delle terre che venivano assegnate ai soldati al congedo del loro servizio quale premio per il loro contributo militare.

trovate l'articolo completo su: http://www.artesolare.it/groma.htm

Cippo dal Limes Germanico


Cippo dal Limes Germanico.

Roman Building: Materials and Techniques

Roman Building: Materials and Techniques

Jean-Pierr Adam

L'architettura romana è straordinariamente ricca, sia in termini di tecniche e materiali impiegati e nella varietà di edifici costruiti, molti dei quali sono ancora visibili oggi.
Il libro pone l'accento sugli aspetti tecnici di tale architettura, a seguito del processo di costruzione attraverso ogni fase, dalla cava al muro eretto, dal legno dell' al tetto. L'autore prende in esame le diverse tecniche coinvolte nella costruzione in mattoni e in pietra e legno, e di come questi materiali sono stati ottenuti o fabbricati. Si discute anche dell'arredamento e rivolge agli aspetti pratici di approvvigionamento idrico, di riscaldamento e strade. Ogni tipo di edifici necessita di utensili speciali e questi sono descritti, utilizzando entrambi gli esempi sopravvissuti e paralleli con quelli moderni.
I Romani costruirono molte imprese spettacolari di ingegneria, produzione di magnifici monumenti come il Pantheon e Pont du Gard. Questo libro esamina questi edifici pubblici di grandi dimensioni ma anche nelle case più modeste e negozi. Il risultato è un esame approfondito e sistematico di edificio romano, con oltre 750 illustrazioni, inclusi i disegni dello stesso autore. Gli edifici romani contiene una prefazione del professor Michael Fulford.

martedì 13 dicembre 2011

Lago di Nemi e sito del Tempio di Diana


Lago di Nemi e sito del Tempio di Diana - A- Tempio di Diana - B villaggio di Nemi e Castello degli Orsini

domenica 11 dicembre 2011

La Villa Adriana et les ordures romaines

La Villa Adriana et les ordures romaines
Philippe Ridet
Le Monde 3/11/20111

Son nom rappelle quelque chose. Et pour cause, il descend en ligne quasi directe d'Urbain VIII qui régna sur l'Eglise catholique de 1623 à 1644. Il appartient à une des familles les plus titrées d'Italie. Des places, des fontaines, des palais, portent son nom. Son patronyme (en entier) est une leçon d'histoire et d'alliances : Urbano Riario Sforza Barberini Colonna di Sciarra. Il est prince. Il est aussi acteur de théâtre et de cinéma. Et il est très en colère. Depuis que la région du Lazio a décidé la fermeture, fin décembre 2010, de la décharge d'ordures de Malagrotta, la plus grande d'Europe, où se déversent tous les déchets non recyclables de la capitale italienne (et du Vatican), le prince Barberini, âgé de 50 ans, est en guerre. Avec sa collègue, l'actrice et animatrice de télévision, Franca Valeri, de 41 ans son ainée, il s'oppose à l'ouverture d'un nouveau site d'enfouissement de 180 hectares à trois kilomètres de la limite du site archéologique de la Villa Adriana à Tivoli. Un préfet nommé par le gouvernement en a décidé ainsi, il y a quelques semaines et la présidente de la région, Renata Polverini, ne l'a pas découragé. Ensemble, le prince acteur et son amie ont pétitionné, écrit au maire de Rome, aux ministres de la culture, de l'écologie et de l'agriculture, au président de la République, acheté une page dans les cinq plus grands quotidiens italiens pour dénoncer ce choix. Pour l'instant, en vain. Un syndicat d'agriculteurs s'est joint à leur cause ainsi que tout ce que la région compte d'hôteliers et de loueurs de chambres d'hôtes. Un recours au tribunal administratif est dépose. «C'est comme si l'Egypte enfouissait ses déchets au pied des pyramides », explique Urbano Barberini, visiblement ravi de sa formule. « C'est pire qu'un crime, c'est une faute », reprend un de ses amis citant Joseph Fouché après l'assassinat du duc d'Enghien. Construite entre 118 et 138, par l'empereur Hadrien, la Villa Adriana est probablement un des sites antiques les plus poétiques qui se puisse voir. Nichée dans les collines de la campagne romaine, elle manifeste d'un art de vivre et d'une culture dont Marguerite Yourcenar a rendu compte dans ses Mémoires d'Hadrien (1951). Qu'un effluve de poubelle vienne les survoler et c'est toute la magie du lieu qui s'en trouverait ruiné. «Au point de vue archéologique, insiste le prince, la Villa Adriana est le centre de l’Empire romain. »
Quand les ruches trembleront
Mais Urbano Barberini a une autre raison de s'opposer au projet. Il possède dans les parages une propriété sur laquelle il produit notamment un oriel réputé. Que deviendront ses abeilles (présentes sur le blason de la famille Barberini) quand les ruches trembleront au passage quotidien de centaines de bennes à ordures Le prince ne souhaite pas faire de son combat la caricature de l'héritier noble et titre qui ne voudrait pas voir son coin de paradis envahi par les déchets de la plèbe. «Pas la peine d'insister sur mes titres », recommande-t-il. Il reste quelques semaines à «l'indigné» de Tivoli pour déjouer le projet de la région.

mercoledì 7 dicembre 2011

vaso raffigurante un matrimonio ritrovato a Pompei


vaso raffigurante un matrimonio ritrovato a Pompei.

Non tutti i barbari vengono per nuocere

La Stampa 4.12.11
Domani a Palazzo Ducale di Genova
Non tutti i barbari vengono per nuocere
L’iconografia dell’invasore nasce nell’800. In realtà fuori dall’impero si desiderava condividere il benessere di Roma, non distruggerlo
Alessandro Barbero

Domani sera, a Palazzo Ducale di Genova, si apre la rassegna di lezioni di storia «Noi e gli antichi», organizzata dal Comune di Genova in tandem con la Fondazione Edoardo Garrone e la Casa Editrice Laterza. Il primo incontro è con lo storico Alessandro Barbero (nella foto) che terrà una relazione dal titolo Chi sono i barbari? di cui anticipiamo un estratto. I prossimi appuntamenti sono il 12 dicembre con Andrea Carandini (parlerà di Vergine madre ), il 19 dicembre sarà la volta di Eva Cantarella che affronterà il tema Uccidere il padre. Si riprende l’anno prossimo, il 9 gennaio, con Andrea Giardina che spiegherà L’invenzione di Roma. Il 16 gennaio Giovanni Filoramo illustrerà La religione da Giove a Cristo, il 23 gennaio Massimo Montanari si chiederà Quanto è antica la cucina mediterranea? Il Sacco di Roma come fu visto dal pittore Joseph-Noël Sylvestre nel 1890
Le invasioni barbariche sono fra i temi preferiti della pittura pompier dell’Ottocento. L’iconografia prevede poche varianti fondamentali: torme di barbari urlanti, coperti di ferine pellicce, galoppano fra i templi e i monumenti, impugnando le fiaccole con cui tra poco ridurranno in cenere la civiltà. In alternativa il capo barbaro, un ghigno soddisfatto che spunta tra i baffoni incolti, spalanca la porta dell’harem del palazzo imperiale, dove lo attendono schiave e concubine tremanti. I barbari, era una certezza, avevano distrutto Roma perché odiavano la civiltà, e quindi l’avevano fatto apposta: nel 1890 Joseph-Noël Sylvestre rappresentò il sacco di Roma da parte dei Goti, nel 410, immaginando barbari nudi intenti ad annodare una corda intorno al collo d’una statua, per poi trascinarla rovinosamente a terra. Si possono immaginare i brividi del colto pubblico della Belle Époque, che non temeva più invasioni di barbari, giacché in ogni angolo del mondo gli indigeni eran comandati a bacchetta dall’uomo bianco, ma i barbari cominciava a temere di averli in casa: scioperanti, anarchici, comunisti, tutti nemici, comunque, del benessere e della civiltà.
Oggi, in verità, sappiamo che i barbari non volevano affatto distruggere la civiltà antica. Perché mai, altrimenti, avrebbero avuto così tanta voglia di venire a vivere nell’impero romano? Anche loro volevano abitare nei palazzi, assistere ai giochi del circo, aver l’acqua in casa grazie agli acquedotti, trovare al mercato tutte le merci del mondo. I loro antenati c’erano riusciti attraverso duri sacrifici, venendo a lavorare nell’impero da umili immigrati; molti avevano avuto successo, erano diventati ufficiali dell’esercito, e i loro figli erano saliti in quella società aperta e multietnica fino a diventare generali e ministri. Dalla fine del IV secolo, però, il meccanismo s’incrinò. Certi errori del governo imperiale nel gestire i flussi di immigrazione fecero sì che il problema sfuggisse di mano, e che i barbari, sempre più numerosi, venissero a stabilirsi nell’impero senza obbedire alle regole, anzi pretendendo di comandare: è questo l’inizio delle invasioni barbariche.
L’ironia della storia sta nel fatto che quando i barbari si furono trasferiti in massa, e da padroni, sul suolo romano, tutte le meravigliose infrastrutture che li avevano attirati cominciarono a funzionare sempre peggio, e alla lunga andarono fuori uso. Ci volle molto più tempo di quello che c’immaginiamo, perché, ripetiamolo, non lo fecero apposta: per secoli i re barbari continuarono a organizzare i giochi del circo, a pagare gli ingegneri che facevano funzionare gli acquedotti, a spendere per la manutenzione delle strade, mentre capi e capetti s’installavano nelle lussuose ville di campagna, dotate di terme e mosaici. Ma di soldi ce n’erano sempre meno, adesso che l’onnipotente governo centrale dell’impero era stato sostituito da tanti piccoli re; i mercanti dell’Oriente non si spingevano più volentieri in luoghi diventati pericolosi; il knowhow si perdeva, la qualità dei tecnici peggiorava, le riparazioni non riuscivano, il denaro circolava di meno e la gente preferiva seppellirlo sotto terra, i mercati si svuotavano, le scuole chiudevano, e benché nessuno l’avesse voluto la prosperità antica divenne solo un ricordo.
Bisognerà dunque rinunciare ai barbari urlanti e alle loro fiaccole, o meglio limitare l’immagine a casi specifici ed enormi, come la distruzione di Aquileia da parte degli Unni di Attila. E dovremmo esserne contenti, perché quegli Unni si sono poi perduti nelle pieghe della storia e di loro non si è più saputo niente, mentre da quei Goti, Franchi, Longobardi che invasero l’impero discendiamo, almeno un po', noi Europei dell’Occidente. Sarà per questo che il dipinto di Jean-Noël Sylvestre, a vederlo oggi, fa un’impressione così curiosa? I barbari intenti alla loro impresa iconoclasta non ci suscitano più quella ripugnanza che dovevano suscitare un secolo fa; anzi, ci sembrano curiosamente familiari. Pare quasi di averla già vista, quella scena; di averla vista coi nostri occhi, e non in un museo, ma dal vero o quasi, su uno schermo televisivo; e di essere stati addirittura d’accordo. Ed è proprio così: basta riandare con la memoria all’entrata delle truppe americane a Baghdad, nell’aprile 2003, quando i soldati si arrampicarono sulla statua colossale di Saddam Hussein in piazza Firdaus, la legarono con una corda e poi la tirarono giù.
La scena è la stessa, salvo il fatto che i barbari di Sylvestre sono nudi, mentre nella realtà sarebbero stati coperti da robuste armature, proprio come gli americani a Baghdad. L’altra differenza è che nel quadro pompier i barbari sono soli in una Roma spettrale, da cui gli abitanti sono scomparsi; mentre nelle riprese televisive una folla di iracheni assiste all’impresa, quasi a garantirne la legittimità democratica. Ma è poi davvero una folla? In certe scene sembra che sia proprio così; ma gli esperti, che le hanno studiate, garantiscono che c’era al massimo un centinaio di persone, abilmente riprese in modo da farle sembrare molte di più: «La messa in scena fotografica più plateale dopo Iwo-Jima». La differenza fra civiltà e barbarie, a quanto pare, è soprattutto questione di uffici-stampa.

martedì 6 dicembre 2011

Nave e moli, a Ostia spunta l'antico porto

Nave e moli, a Ostia spunta l'antico porto
Giulio Mancini
il messaggero - Roma 5/11/2011

Gli archeologi: «Opera mastodontica di grande valore»
LA SCOPERTA Poderosa struttura del II secolo d.C. affiora nel cantiere del nuovo ponte della Scafa

Mastodontico non solo nelle sue dimensioni ma anche per quello che rappresenta: il porto di Ostia affiora dalle sabbie di un terreno agricolo davanti a Tor Boacciana, a ridosso della foce del Tevere. Dopo il ritrovamento dei resti di due navi imperiali, i saggi archeologici perla realizzazione del nuovo ponte della Scafa, tra Ostia e Fiumicino, rivelano un'altra grande scoperta: il porto dell'antica cittadina fondata da Anco Marzio. Gli esperti della Soprintendenza intorno alle rovine di quel molo ci stavano lavorando dalla primavera scorsa, fiduciosi di trovarsi di fronte ad una sensazionale rivelazione: la localizzazione di quello che era un approdo descritto solo vagamente dalle fonti storiche. Adesso c'è la certezza. «Siamo di fronte ad evento di considerevole valore, che va ulteriormente approfondito e indagato — dichiara Angelo Pellegrino, direttore degli Scavi di Ostia e del cantiere di via Tancredi Chiaraluce - Il molo, risalente al secondo-terzo secolo dopo Cristo, ha dimensioni ragguardevoli a dimostrazione che si trattava di una struttura imponente, fronteggiava il mare e molto probabilmente è stato attivo sino al quarto secolo dopo Cristo quando ha subito un crollo». L'area di scavo comprende una superficie di circa 500 metri quadrati di reperti archeologici. Il molo, realizzato in pozzolana, calce idraulica e materiale lapideo, è largo 5 metri circa e nel cantiere è emerso per circa trenta metri di frontemare. Il basamento presenta delle fessure usate all'epoca per smorzare la forza d'urto del mare. Non è chiaro se dietro al molo scorresse un canale, magari sormontato da tavole di legno. Un paio di travi sono state trovate nell'interrato, proprio nel fossato, a ridosso dell'approdo. Al centro dello scavo è stata individuata una struttura muraria dal piede ampio, affiancata da un arco in mattoni evidentemente crollato. «Non sappiamo spiegare ancora con precisione di cosa si tratti — aggiunge Michele Raddi, archeologo coordinatore - Potrebbe essere la base di un faro: ne conosciamo la presenza alla foce del fiume e si è sempre ritenuto che quei resti farebbero parte delle fondamenta di Tor Boacciana. Quelle fonti, ora, potrebbero essere smentite. Ma solo per un'imprecisione di una cinquantina di metri». In quanto al crollo, Pellegrino ha una sua ipotesi. «Le tecniche murarie ci autorizzano a pensare che quella struttura possa essere stata vittima del terremoto a Roma che San Girolamo racconta sia avvenuto tra il 370 e il 380 dopo Cristo» sostiene il direttore degli Scavi. Nel cantiere lavora anche un'esperta di biodeterioramento dei Beni culturali, la professoressa Marilena Leis dell'università di Ferrara. «Per la prima volta al mondo, qui abbiamo rinvenuto mitili e ostriche ancora aderenti alle strutture murarie: ne faremo uno studio per valutare il paleoambiente» dice. A cosa poteva servire un approdo a Ostia se ad appena tre chilometri di distanza sorgevano il porto di Claudio prima e quello di Traiano dopo? «Le fonti storiche - risponde Marco Sangiorgio, esperto topografo - riferiscono di un porto fluviale ad Ostia dove si procedeva allo scarico delle merci dalle grosse imbarcazioni a quelle più piccole che sarebbero risalite lungo il Tevere». E, a proposito di barche, è della settimana scorsa il ritrovamento di una seconda nave imperiale a ridosso di quella rinvenuta a marzo. Si trova nelle argille della sponda opposta del fiume, all'Isola Sacra, e misura 14 metri contro i 12 della barca venuta alla luce per prima. In tutto questo di-svelamento storico e archeologico, si fa sempre più a rischio la realizzazione del Ponte della Scafa. Il porto di Ostia si trova nel cuore della viabilità di collegamento con l'infrastruttura. Il nuovo viadotto, appaltato al costo di 25,5 milioni di euro, sarà costituito da un arco metallico, lungo 285 metri, larga 20 metri, con due corsie per ogni senso di marcia, ed alto 18 metri sul Tevere. L'impegno degli amministratori era di aprire il cantiere entro il prossimo dicembre ma tutto potrebbe cambiare, inclusa la localizzazione.

domenica 4 dicembre 2011

Porto di Ostia. Un importante nodo di scambio

Porto di Ostia. Un importante nodo di scambio
Sergio Rinaldi Tufi
il messaggero - Roma 5/11/2011

Questo cantiere è davvero una miniera. Quando nella scorsa primavera si era trovato il relitto della nave della prima età imperiale, si era anche detto: non finisce qui. Non è finita lì: lo scafo di quella nave (Isola Sacra 1) è stato studiato e classificato; ed è ancora da investigare un'altra imbarcazione certamente molto grande. Inoltre, emergono resti di strutture portuali. La nave era costruita con un sistema di incasso delle assi di legno detto «a tenoni e mortase», senza usi di chiodi metallici. La chiglia era piatta, come la prua. Un tipo di imbarcazione detto horeia — di cui sono noti pochi esemplari — adatto a una navigazione fluvio-marittima: forse in qualche modo partecipava alle febbrili attività quotidiane (illustrate a Ostia nei mosaici del Pia77ale delle Corporazioni: vendita di grano, cataste di anfore): le merci erano scaricate dalle navi più grandi provenienti da tutto il Mediterraneo e sistemate in navi più agili che risalivano il fiume verso Roma. Ma le strutture portuali (un molo? un faro?) sono ancora più importanti. Qui passava in antico la linea di costa: si sa che Ostia, da quando fu fondata (secondo la 1eggenda) dal quarto re di Roma Anco Marzio, divenne un punto di riferimento sempre più importante. Ma mancarono a lungo approdi adeguati per le grandi navi che portavano grano dall'Egitto, e tante altre merci per i consumi di Roma: facevano scalo a Pozzuoli, fino a quando prima Claudio (42 d.C.) e poi Traiano (110-112) non ostruirono i loro grandi bacini. Accanto a quello di Traiano cresce Portus, nuova città che si aggiunge a Ostia stessa, e che proprio nell'Isola Sacra sviluppa la sua importante necropoli. Come si inserisce in questa storia la nuova scoperta? Emerge un «terzo porto» finora poco noto e sottovalutato? Fra l'altro, rispetto al Porto di Traiano siamo (sia pur di poco) più vicini a Ostia pulsante di vita: foro, templi, teatro, terme, case, thennopolia o bar, cauponae o osterie. Ne sapremo di più con la prosecuzione dei lavori: anche stavolta, non finisce qui...

sabato 3 dicembre 2011

Roma antica, che passione l´avventura di un archeologo

Roma antica, che passione l´avventura di un archeologo
LUNEDÌ, 07 NOVEMBRE 2011 LA REPUBBLICA - Roma

Coarelli si cimenta in un´opera che offre una visione d´insieme di diversi decenni di studi In questo primo volume, riccamente illustrato, si va dalle origini al III secolo avanti Cristo

PER FILIPPO COARELLI L´ANTICA ROMA - specie quella delle origini - è da sempre il pane quotidiano. Non solo per questione professionale, ma per vera, autentica passione. Non solo perché illustre professore e archeologo di fama, ma perché sentimenti e insegnamenti ricevuti dal maestro Ranuccio Bianchi Bandinelli si sono radicati nel suo Dna e gli alimentano costantemente cuore e cervello. Perciò, Filippo Coarelli si è cimentato nell´affascinante avventura di un´opera - unica nel suo genere - che raccolga in una visione complessiva l´intenso lavoro di ricerca archeologica e storica svolto negli ultimi decenni da studiosi di diversi Paesi.
Ha detto Coarelli in un´intervista: «Molti archeologi dicono che la vecchia archeologia che è storia dell´arte è morta. Morta perché? Prima si cercavano le statue e si buttavano via i cocci, adesso cosa facciamo, teniamo i cocci e buttiamo via le statue? È un falso problema: dipende da cosa ci interessa. Se oggi ci interessano di più i problemi sociali, i problemi economici, che ovviamente non si possono quasi mai risolvere tramite i testi letterari o gli studi storico-artistici, l´archeologia di scavo diventa fondamentale, perché non esistono manuali di economia antica, e quindi i dati storico-economici e sociali li devo indagare con l´archeologia».
In questo primo volume, riccamente illustrato, si va dalle origini al III secolo avanti Cristo. Dalla Roma dei re (con influenze etrusche e greche) fino alla nascita di una cultura artistica riconoscibile come "romana".

venerdì 2 dicembre 2011

L'antica villa romana che ha bloccato i nuovi capannoni

L'antica villa romana che ha bloccato i nuovi capannoni
Antonio Passanese
Corriere Fiorentino 11/11/2011

Alt ai lavori nell'area industriale Mezzana-Perfetti Ricasoli
La soprintendenza: «Una bella scoperta»
Dopo duemila anni. Ritrovato il perimetro, in ottimo stato. Diventerà «sito archeologico»

SESTO — La terra l'ha custodita per duemila anni e i saggi preliminari del terreno l'hanno riportata alla luce in tutta la sua maestosità un paio di mesi fa. La scoperta di una villa rustica romana di età imperiale ha bloccato i lavori dei nuovi capannoni industriali, privati, in costruzione a Volpaia, e ha convinto la soprintendenza ai Beni archeologici della Toscana a porre l'intera area sotto vincolo e ad avviare l'iter per la «dichiarazione di importante sito archeologico». Il perimetro, riemerso in uno stato di conservazione ottimale, è ora sotto la lente d'ingrandimento degli studiosi fiorentini. Si tratta di strutture di fondazione, realizzate con pietre di piccola pezzatura, unite a secco a dividere alcuni ambienti — presumibilmente stalle o ripostigli — dalla residenza dei proprietari della fattoria. E non è escluso che la villa fosse dotata anche di una macina e di un frantoio, come testimonierebbe una base rettangolare rinvenuta in quella che potrebbe essere considerata una dependance. L'alzato doveva essere in materiale deperibile, pertanto molto difficile da conservare, soprattutto in un'area come quella di Sesto, a causa delle falde acquifere che ne caratterizzano il suolo. «Una bella scoperta, oltretutto ancora inedita — sottolinea soddisfatta la soprintendente Mariarosaria Barbera —Ci sono i presupposti affinché questo ritrovamento sia valorizzato e portato a conoscenza di tutti». Una zona, quella della Piana Fiorentina, ricca di reperti e di storia, che affonda le sue radici nell'Età del rame, tra il 2000 e il 1000 prima della nascita di Cristo e, con ogni probabilità, ancora più indietro nel tempo. L'economia della villa rustica era fondata sulla suddivisione del territorio in latifondi, e frazionata anche in appezzamenti più piccoli, non tutti a destinazione agricola, ma probabilmente adibiti alla coltivazione della canapa, nonché a terreni dedicati al pascolo del bestiame, a laghetti per la pesca e a cave di argilla per la produzione ceramica e laterizia. Duemila anni fa Volpaia era aperta campagna ed è possibile che questa fertile valle fosse intensamente popolata. Nel territorio di Sesto, fa sapere la Soprintendenza, è prassi abituale effettuare indagini archeologiche preliminari a lavori che prevedono modifiche sostanziali. «Dagli anni 80 — afferma Gabriella Poggesi, responsabile degli scavi di Volpaia — applichiamo un controllo capillare, in linea con le indicazioni della legge sull'archeologia preventiva varata dal ministero lo scorso anno». Anche nel caso della costruzione del nuovo asse stradale Mezzana-Perfetti Ricasoli, a due passi dai capannoni e dai reperti, sono stati eseguiti saggi stratigrafici lungo tutto il percorso realizzato, in collaborazione e con il sostegno economico della Provincia, responsabile dell'opera pubblica. Per quanto riguarda la villa rustica riaffiorata a Volpaia, gli archeologi stanno realizzando un intervento completo di conservazione, restauro e messa in sicurezza. «Questo — aggiunge Poggesi — consentirà di conservare le strutture e nello stesso tempo di portare avanti l'opera pubblica (la Mezzana-Perfetti Ricasoli, ndr) in progetto». La Provincia si addosserà l'onere di realizzare un'adeguata pubblicazione sul complesso: «Sui reperti abbiamo già iniziato lo studio e presto sarà disponibile un'adeguata diffusione di quanto portato alla luce, mediante pannelli e supporti multimediali».

giovedì 1 dicembre 2011

Roman Berytus: Beirut in Late Antiquity

Roman Berytus: Beirut in Late Antiquity
Linda Jones Hall

Beirut era una città di notevole importanza nel mondo romano, uno dei centri principali per lo studio del diritto romano. Per questo studio Linda Jones Hall sfrutta le numerose fonti, tra cui iscrizioni, storie religiose, riferimenti letterari, codici legali, e reperti archeologici, di presentare una storia composita di Berytus tardo antica - dalla sua fondazione come colonia romana al tempo di Augusto, al suo sviluppo in un centro di studi legali sotto Giustiniano.
Il libro prende in esame tutti gli aspetti della vita in città, tra cui posizione geografica, base economica, l'ambiente costruito, le strutture politiche, religiose transizioni dal paganesimo al cristianesimo, e l'auto-identità degli abitanti in termini di appartenenza etnica e professione. Il testo completo di numerosi racconti sono presentati a rivelare le aspirazioni degli studenti di legge, i professori, e dei loro concittadini, come gli artigiani. Lo studio analizza anche le implicazioni culturali della città greca, romana e poi siro-Phoencianheritage.
Questo volume fornisce la prima indagine dettagliata del tardo antica Fenicia, analizzando i governatori e gli abitanti e la percezione di se stessi come fenici, piuttosto che siriani.

«Un'isola intorno al Colosseo e la Domus Aurea riaperta nel 2020»

«Un'isola intorno al Colosseo e la Domus Aurea riaperta nel 2020»
Il tempo - Roma 12/11/2011

Il sottosegretario ai Beni culturali Giro immagina una cancellata con ingresso all'anfiteatro da via di San Gregorio
25 milioni «Oltre quelli preventivati dalla Tod's ne arriveranno altri due-tre dello Stato» 3 mila. Il numero delle lesioni del monumento monitorate con fibre ottiche

Partirà nella primavera 2012 il cantiere per il restauro del Colosseo. Lo annuncia il sottosegretario ai Beni Culturali, Francesco Maria Giro, facendo il punto sulla situazione dell'area archeologica romana. «Abbiamo ricevuto da parte di ditte interessate oltre quaranta domande per ognuno dei due filoni dei lavori per il Colosseo - spiega-. La creazione di un centro servizi esterno, con biglietterie, toilette e bookshop e il restauro del prospetto nord-sud che per noi ha la priorità. Si devono prendere delle decisioni, valutare i progetti e poi partirà il cantiere». Il sottosegretario precisa che al costo preventivato del restauro, 25 milioni di euro finanziati dalla Tod's di Diego Della Valle (una sponsorizzazione contro cui il Codacons ha fatto ricorso al Tar) «si aggiungeranno probabilmente altri due-tre milioni di euro, spese che coprirà lo Stato. Con il restauro ci sarà un lavoro soprattutto di ripulitura, ma anche di consolidamento e impiantistica». Il Colosseo, fa notare Giro, «ha3mila lesioni», uno «stato fessurativo abbastanza diffuso ma non allarmante, su cui stiamo monitorando con le fibre ottiche applicate in quattro dorsali e su cui si interverrà durante il restauro». Una parte degli interventi, dal completamento dell' area Stern, ai lavori alle volte ambulacrali interne, dai collegamenti al percorso dell'arena al consolidamento del terzo anello, sono stati in buona parte già eseguiti con una spesa di circa 2-3 milioni di euro, dice Giro, anticipando notizie contenute nel terzo rapporto del commissario Roberto Cecchi sulle attività svolte nelle aree archeologiche di Roma e Ostia che si presenterà a dicembre. In vista delle possibili Olimpiadi del 2020, aggiunge poi Giro, si potrebbe pensare a realizzare«un'isola del Colosseo, circondando l'area con una cancellata per preservarla e immaginando un grande ingresso dalla parte di Via di San Gregorio. Anche la presenza degli ambulanti, verrebbe regolata e resa più compatibile con la bellezza del luogo». Per quella data, annuncia, si spera di poter riaprire anche la Domus Aurea. Il sottosegretario spiega che nell'area archeologica sono stati «realizzati circa 100 progetti per un totale di 35 milioni di euro», «se parlassimo in termini di febbre - scherza - potremmo dire che l'area archeologica romana ha due linee sopra il 37, insomma, sta benino».