sabato 31 luglio 2010

Gli eccezionali scavi sulla Prenestina rivelano le vicende di una spietata repressione politica

Gli eccezionali scavi sulla Prenestina rivelano le vicende di una spietata repressione politica
MARIO TORELLI
VENERDÌ, 30 LUGLIO 2010 LA REPUBBLICA Roma

Così 2500 anni fa Roma punì la città ribelle

"Aequimelium [si chiama il luogo di Roma] per il fatto che la casa di Melio è stata spianata a spese pubbliche, poiché questi (ossia Spurio Melio) voleva impadronirsi del regno".

La telegrafica descrizione che nel suo monumentale lavoro sulla lingua latina il grande antiquario romano Varrone fornisce del nome di un luogo di Roma ai piedi del Campidoglio, illustra una prassi della giovane repubblica romana: abolita la monarchia in seguito alla cacciata dei Tarquini, secondo la tradizione nel 509 a. C., si decise di respingere con tutte le forze qualunque tentativo di sovvertire la costituzione patrizia e di ripristinare la monarchia. La legge volle che si concellasse con un rituale dagli evidenti contorni religiosi la casa di chiunque attentasse alla repubblica, lasciando come monito al suo posto uno spazio vuoto, come era appunto l´Aequimelium, "lo spiazzo di Melio", a segnare il sito della casa di questi distrutta nel 434 a. C, oppure un tempio, come è stato per le case di Valerio Publicola (circa 500 a. C.), di Spurio Cassio (485 a. C.) e di Manlio Capitolino (384 a. C.). Di questi drastici esempi di repressione politica, di norma preceduti dall´esecuzione degli abitanti di quelle case, rei di alto tradimento, avevamo notizie dettagliate dai resoconti storici, ma nessuna testimonianza archeologica.

Oggi, grazie ai fortunati scavi condotti da Stefano Musco, della Soprintendenza archeologica di Roma diretta da Giuseppe Proietti, possiamo dire che la prima volta abbiamo sotto gli occhi una straordinaria testimonianza di "cancellazione della memoria di chi attenti alla tirannide", eventi ricordati più volte per il turbolento primo secolo e mezzo di vita di Roma repubblicana.

Le esplorazioni in questione sono solo il capitolo più recente di un progetto di ricerca pluriennale studiato per l´area dell´antica città di Gabii, gloriosa città latina sulla via Prenestina, ora sobborgo minacciato dall´espansione edilizia della Capitale, e messo in atto con la collaborazione di grandi équipes di tre Università, quelle italiane di Roma Tor Vergata e della Basilicata, e quella statunitense di Michigan, rispettivamente guidate dai professori di archeologia Marco Fabbri, Massimo Osanna e Nicola Terrenato.

Mentre il gruppo americano si è concentrato con successo su scavi in estensione miranti a chiarire l´impianto e la storia urbanistica di quella città, alle due équipes italiane si deve la sensazionale scoperta che documenta un evento storico parallelo a quello che la tradizione ricorda per Roma per i colpevoli di alto tradimento: il seppellimento rituale della loro dimora.

A Gabii, una città legata a filo doppio a Roma, alla fine del VI secolo a. C. è stato cacciato il re e ne è stata cancellata la residenza: e che fosse la reggia della città, sede dell´ultimo re di Gabii, e non la casa di un occasionale eversore dell´ordine costituito, ci viene in qualche modo confermato da una terracotta architettonica con l´immagine del Minotauro, dello stesso stampo di quella adoperata nella Regia di Roma, venuta in luce con pochissimi altri oggetti in uno scavo dove per evidenti ragioni cerimoniali chi ha distrutto l´edificio ha evitato di lasciare anche uno spillo.

La distruzione è stata, come si è detto, sistematica. Smontato il tetto (tegole e terrecotte architettoniche devono essere state sepolte in una buca al momento ancora non scoperta) e vuotato di ogni suppellettile l´edificio, chi ha condotto l´opera di distruzione ha realizzato intorno alla costruzione un colossale muro di contenimento ad andamento poligonale e ha riempito infine il tutto di pietre, creando così qualcosa tra il tumulo e il piazzale, insomma un vero e proprio Aequimelium di Gabii.

Questa complessa operazione ci non ha solo consentito di "vedere" un´azione politico-religiosa arcaica di grande significato storico, ma ci ha permesso di toccare con mano una residenza gentilizia monumentale di VI secolo a. C. costruita in una raffinata tecnica edilizia a lastrine sovrapposte di lapis Gabinus, il celebre tufo di Gabii, e giunta a noi in uno stato di conservazione a dir poco stupefacente. Quando si è fortunati - ma è cosa assai rara - nello scavo di abitati arcaici, come è il caso di siti etruschi minori, troviamo case conservate nelle fondamenta o al massimo per un solo filare di blocchi dell´alzato. La residenza di Gabii, la cui pianta a tre vani in sequenza preceduti da un cortile porticato è identica a quella della Regia di Roma, ha i muri conservati per due metri e oltre, in cui sono giunte fino a noi anche le porte ad arco delle stanze minori. E´ auspicabile che presto i cittadini di Roma possano avere un´emozione pari a quella che abbiamo avuto noi nel contemplare un edificio di prestigio di oltre 2500 anni fa giunto a noi quasi intatto.