venerdì 28 maggio 2010

Foro romano, torna alla luce l´antico postribolo

Foro romano, torna alla luce l´antico postribolo
CARLO ALBERTO BUCCI
GIOVEDÌ, 27 MAGGIO 2010 LA REPUBBLICA - Roma

Finiti i restauri, nel 2011 sarà visitabile l´edificio che serviva da osteria-lupanare

Cinquanta piccole stanze sepolte dal tempo. Erano rischiarate da lucerne, arredate con un giaciglio essenziale ma comodo. Fornite di un tombino a terra per svuotare la matella (il pitale). E sul pavimento di coccio pesto sono state trovate, insieme ai frammenti dei candelabri e di qualche piatto, decine di valve di crostacei. Ossia i resti abbandonati per terra dopo libagioni sfociate in rapporti amorosi. Probabilmente a pagamento. E dall´anno prossimo - forse - finalmente inseriti, insieme con i muri in tufo e le tendine rosse che li proteggevano da sguardi indiscreti, nel percorso di visita del Foro romano.
I turisti che ora, superato l´Arco di Tito, scendono a valle, dopo una trentina di metri si imbattono in un cancello chiuso. Oltre il quale si apre l´atrio con mosaici e le piccolissime terme di un edificio che, interrato sotto Nerone, per alcuni archeologi serviva ad ospitare servi e schiavi nella domus di qualche patrizio. Mentre per altri studiosi quei corridoio che portano a stanzette buie, grandi come la cabina di un vagon-lit, appartenevano a un´osteria con funzioni di bordello. Caupona sive Lupanar intitolava nel 1947 Giuseppe Lugli il suo saggio che rileggeva la pianta e la funzione del ritrovamento scavato quarant´anni prima da Giacomo Boni, autore dell´interpretazione in chiave domestica («è una casa repubblicana» scrisse l´archeologo) ripresa, tra gli altri, da Andrea Carandini.
«Gli ambienti sono troppo angusti per pensare che ospitassero schiavi al lavoro. E poi i frammenti di oggetti e di cibi ritrovati e schedati cent´anni fa da Boni - spiega l´archeologa Maria Antonietta Tomei, responsabile dell´area per la Soprintendenza, che ha studiato quel rapporto di scavo - ci dicono chiaramente che in queste stanzette tra il clivo Palatino e la via Sacra si sostava e si mangiava. E, oltre al pane e al vino, è molto probabile che si potesse richiedere anche una puella, naturalmente a pagamento».
Sui muri non sono rimasti affreschi con scene erotiche, «non appaiono nemmeno sulle lucerne» precisa la stessa Tomei. Più che un postribolo vero e proprio, insomma, una caupona: una bettola tanto grande quanto umile. Dove i viandanti potevano fermarsi e rifocillarsi. E, tra un piatto e un altro, come scrive Petronio, farsi portare una prostituta. Del resto, proprio un tirso di Dioniso, il bastone fallico del dio dell´ebbrezza, è raffigurato nella parete affrescata di una delle 50 stanze-alcove, riallestita con tavolaccio e tenda, come in antico.
Ricoperta e protetta dalla terra dopo che nel 1912 Boni finì i suoi scavi - secondo una prassi che il soprintendente Giuseppe Proietti sta portando avanti in questi giorni con la copertura degli scavi dei magazzini severiani verso l´Arco di Tito e dei resti ritrovati davanti al Tempio di Romolo - l´osteria-bordello è ora oggetto di interventi di restauro. Soprintendenza, commissario governativo e ministero Beni culturali stanno lavorando per la riapertura alle visite, entro queste estate, della Casa delle Vestali, del tempio di Venere e Roma, dei sotterranei e del quarto livello del Colosseo. Poi toccherà alla caupona («dopo gli accordi con i sindacati però», precisa Proietti ) diventare una nuova tappa del tour reale nelle viscere dell´antica Roma.