mercoledì 19 maggio 2010

Dal ventre di Vetulonia affiora domus romana di straordinario valore

Dal ventre di Vetulonia affiora domus romana di straordinario valore
ENRICO GIOVANNELLI
MERCOLEDÌ, 26 MAGGIO 2010 IL TIRRENO - Grosseto

Dal ventre di Vetulonia affiora domus romana di straordinario valore

Pezzi di mobili in bronzo e un grande orcio La casa apparteneva a una famiglia borghese

Scavata finora la parte rustica ed è già meraviglia per gli archeologi che si attendono ancora grandi sorprese

VETULONIA. Eccezionale scoperta a poggiarello Renzetti a Vetulonia. Gli scavi intrapresi dalla sovrintendeza, diretta da Mario Cygielman, dei beni archeologici della Toscana, in collaborazione con l’amministrazione comunale, hanno riportato alla luce una Domus Romana, risalente tra il I e il III secolo avanti Cristo.

La casa si trova in un ottimo stato di conservazione, e l’aiuto fondamentale per procedere, è arrivato soprattutto dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena con un sostanziale contributo, e ai tanti cittadini-volontari di Vetulonia.

Felicissima e raggiante Simona Rafanelli, direttrice del museo Isidoro Falchi: «Era forse dai tempi proprio di Falchi che non si effettuavano degli scavi del genere a Vetulonia. La casa che abbiamo trovato rappresenta un reperto eccezionale. Sicuramente apparteneva ad una famiglia borghese, e al momento abbiamo fatto riaffiorare la parte “rustica” dell’appartamento, la cantina, con il grande orcio per le granaglie, e l’angolo dove probabilmente venivano spremute le olive. Siamo sicuri che continuando arriveremo alla parte residenziale della villa, e ci aspettiamo ulteriori reperti».

Grazie a sei monete romane ed etrusche, è stato poi possibile per gli archeologi anche risalire alla data del crollo della casa, probabilemnte a causa di un incendio: 79 a.C., in concomitanza con le guerre scatenate dal generale e dittatore romano Lucio Cornelio Silla, che colpirono anche Vetulonia proprio in quegli anni

E’ stato riportato alla luce anche il pavimento originale, fatto di coccio pesto. Tutto in giro era pieno di pezzi di vasi, anfore, piatti di vernice nera che possono essere adesso perfettamente recuperati e messi in mostra. La grande presenza di chiodi ha fatto poi pensare a un piano superiore con travi di legno, e argilla nel soffitto, che può essere definito oggi come un antico “soppalco”. Le mura erano composte da mattoni parallelepipedi fatti di argilla cruda seccata al sole. Questa scoperta ha permesso di mettere mano sui primi mattoni romano-etruschi mai conosciuti fino ad oggi, e su intonaci fatti di argilla. Addirittura è stata trovata una maniglia di una porta e resti di mobili in bronzo.
Sandra Mainetti, assessore alla cultura, ha elogiato il magnifico lavoro svolto: «Oggi è stato fatto un ulteriore passo in avanti per la storia del nostro paese». Al progetto hanno lavorato in particolare la dottoressa Giuliana Agricola, gli archeologi Stefano e Federico Spiganti, Serena Trippetti e Carlo Zoccoli. Istitutita anche la sezione archeologica “Isidoro Falchi”: il capogruppo Lamberto Bai, Walter Massetti, Liliano Rossi, Giacomo e Alessia Bai e Osvaldo Barbetti, archeologo del museo di Grosseto.