giovedì 15 ottobre 2009

"Questo sepolcro si è rivelato come la più grande struttura a tumulo finora nota in queste zone"

"Questo sepolcro si è rivelato come la più grande struttura a tumulo finora nota in queste zone"
ORAZIO LA ROCCA
MERCOLEDÌ, 14 OTTOBRE 2009 LA REPUBBLICA - Cultura

Ritrovato a Tarquinia un grande complesso funerario che apparteneva ad una famiglia regale roman. A questa era legato anche il padre del sovrano, un ricco mercante che sarebbe stato sepolto in questa zona

Ecco la tomba degli antenati etruschi del re di Roma
Scoperta a Tarquinia la più grande tomba etrusca a tumulo risalente al settimo secolo avanti Cristo. Un complesso sepolcrale di epoca preromana, per tratti, caratteri e stili architettonici, appartenente ad una importante famiglia regale alla quale, secondo i responsabili degli scavi archeologici, molto probabilmente era legato anche uno dei sette re di Roma, Tarquinio Prisco. Ma a rendere ancora più originale questo nuovo sito funerario etrusco è la sorprendente somiglianza che è emersa tra la struttura tombale tarquinense e altre tombe reali caratterizzate da influssi stilistici orientali rinvenute nell´isola di Cipro e, persino, in Bulgaria, nell´antica Tracia, tutte databili intorno all´ottavo-settimo secolo a. C.
L´annuncio è stato dato nel corso del convegno internazionale di etruscologia di Tarquinia, «Confronto tra mondo etrusco e mondo tracio: storia, arte, archeologia», coordinato dalla scrittrice Anna Maria Turi. Presenti, tra gli altri, il massimo esperto di etruscologia, Mario Torelli, docente dell´università di Perugia, la professoressa Julia Valeva dell´Accademia delle Scienze bulgara, il professor Alessandro Mandolesi, dell´Università di Torino ed un nutrito gruppo di archeologi e studiosi provenienti da diverse università europee. E´ stato proprio Mandolesi a rivelare le ultime novità degli scavi di Tarquinia nella veste di responsabile dei lavori alla Doganaccia, l´area - ha spiegato - dove «è stato individuato un sepolcreto antichissimo appartenente ai principi o re di Tarquinia del settimo secolo a. C». Vale a dire proprio l´epoca in cui, «le antiche fonti citano la presenza a Tarquinia di importanti personaggi stranieri, tra cui il padre di Tarquinio Prisco, un ricco mercante greco, Demorato di Corinto che sposò una nobile del posto», che non è da escludere ebbe sepoltura con la famiglia proprio nel sepolcreto reale della Doganaccia. E forse proprio per questo nell´area ci sono 2 grandi complessi funerari denominati «Tumulo del Re» e «Tumulo della Regina». Il primo complesso, quello del Re, fu riportato alla luce con gli scavi del 1928. Quello della Regina è attualmente al vaglio degli scavi dell´Università di Torino e della Sovrintendenza per i Beni archeologici dell´Etruria Meridionale. «Questo sepolcro - a detta di Mandolesi - si è rivelato come la più grande struttura a tumulo di Tarquinia finora nota». La monumentale tomba ha conservato «nella parte anteriore un largo accesso per le celebrazioni e gli spettacoli in omaggio al nobile defunto». Gli scavi - è stato rivelato al convegno internazionale di Tarquinia - hanno riportato alla luce una imponente struttura architettonica del diametro di circa 40 metri, certamente appartenuta «a un personaggio di spicco all´interno della comunità tarquinense, di rango aristocratico e di ruolo probabilmente regale, vicino alla figura dei re etruschi, detti lucumoni». Lo stile architettonico del sepolcro richiama «sorprendentemente la necropoli regale di Salamina, sull´isola di Cipro, dove - assicura Mandolesi - sono presenti tombe con ricchissimi arredi funebri confrontabili direttamente con quelle di Tarquinia». Ma vicino al grande Tumulo della Regina è stata scoperta anche una rarissima tomba a doppia camera che, a parere degli archeologi, era destinata ad ospitare coppie di persone imparentate con il principe o il re (lucumone) sepolto nella necropoli etrusca. Altro importante indizio che avvalorerebbe la suggestiva ipotesi che l´area sepolcrale abbia ospitato anche gli antenati del re Tarquinio Prisco. «Ma le indagini e le ricerche continuano», puntualizza l´etruscologo Mandolesi.