lunedì 17 agosto 2009

La pace di marmo del divino Augusto

La pace di marmo del divino Augusto
il manifesto, 21/04/2006

«Quando tornai a Roma dalla Spagna e dalla Gallia... compiute felicemente le imprese in quelle province, il Senato decretò che per il mio ritorno si dovesse consacrare l'ara della Pace Augustea presso il Campo Marzio e dispose che in essa i magistrati, i sacerdoti e le vergini vestali celebrassero un sacrificio annuale» (Res gestae divi Augusti 12,2). E così fu. La costruzione dell'Ara Pacis fu votata dal Senato romano nel 13 a.C. ma la dedicatio del monumento fu celebrata il 30 gennaio del 9 a.C: il completamento dell'opera richiese dunque tre anni e mezzo. Il tempo necessario per realizzare la ricca e complessa decorazione - affidata probabilmente a scultori neoattici attivi a Roma nel I secolo a.C. - che corre sia sui lati esterni che su quelli interni del monumento e che rappresenta uno dei capolavori della scultura classica. L'Ara Pacis -che rappresenta una delle più alte espressioni dell'arte augustea -, è costituita da un recinto che contiene l'altare dove venivano compiuti i sacrifici. Sorgeva lungo la via Flaminia, alla distanza esatta di un miglio dal pomerium, limite oltre il quale decadevano i poteri militari del magistrato. Il suo declino ebbe inizio nel II secolo d.C, quando i lavori effettuati nel Campo Marzio dagli Antonini ne determinarono il progressivo, inesorabile interramento.
Il ritrovamento dell'Ara Pacis avviene per tappe, lungo un arco di tempo che abbraccia quasi quattro secoli. Nel 1568, sotto palazzo Peretti, furono ritrovati nove grandi blocchi di marmo scolpiti su entrambi i lati che furono acquistati per conto del Granduca di Toscana e quindi trasferiti a Firenze, dopo essere stati segati nel senso dello spessore per facilitarne il trasporto e l'esposizione. Un grande frammento figurato «emigrò» al museo del Louvre, dove si trova tuttora; un secondo ai Musei Vaticani. Quasi tutte le parti decorate a festoni, invece, furono murate nella facciata di Villa Medici al Pincio, dove sono ancora oggi. Durante i lavori di consolidamento del palazzo (divenuto nel frattempo proprietà del duca di Fiano), a partire dal 1859, furono ritrovati il basamento dell'altare e numerosi altri frammenti che nel 1898 furono ceduti dal duca al Museo Nazionale Romano. Nel 1896 Eugen Petersen avanzò una ipotesi di ricostruzione e nel 1903 presentò allo Stato italiano un progetto per il recupero di tutti i frammenti rimasti a palazzo Peretti-Fiano. Ma la presenza di acqua e l'instabilità
del palazzo bloccarono ogni iniziativa.
Si giunge cosi al .1937. In vista del bimillenario della nascita di Augusto, il Consiglio dei ministri del regime fascista decretò il recupero e la ricostruzione dei frammenti che compongono l'Ara, all'epoca interrata a più di sette metri sotto la sede stradale. La ricomposizione fu affidata a Giuseppe Moretti: le lastre fiorentine furono recuperate e ricomposte e si eseguirono i calchi dei frammenti del Louvre, di Villa Medici e dei Musei
Vaticani. Nel 1938 iniziarono i lavori per la costruzione della teca di vetro e cemento dell'architetto Vittorio Ballio Morpurgo che dovrà contenere l'Ara.
Per la ricostruzione e la nuova collocazione dell'Ara Pacis, Mussolini diede ampio mandato al ministero per l'educazione nazionale. La scelta cadde sull'area prospiciente il Mausoleo di Augusto, i cui scavi erano appena terminati, per farne un centro di memorie augustee. Ragioni di propaganda politica, dunque, per confezionare un «cuore» storico-mitologico della città moderna e del moderno impero in genealogia con la Roma antica. Si decise quindi di edificare un padiglione di protezione che fu ultimato nel settembre 1938.
E si arriva al 1995. L'allora sindaco di Roma, Francesco Rutelli, incarica l'architetto newyorchese Richard Meier di ideare una nuova musealizzazione in grado di integrarsi anche
con la vicina piazza Augusto Imperatore. Lo smantellamento della teca di Morpurgo e il nuovo progetto suscitano accese polemiche (di Vittorio Sgarbi, Giorgio Muratore, Federico Zeri...)- Nonostante il microclima interno al vecchio padiglione, con brusche variazioni di temperatura e di umidità, avesse causato non pochi problemi alla conservazione del monumento messo ulteriormente alla prova da altri fattori che certo non erano stati contemplati nel '38: l'inquinamento e il traffico. Il progetto di Meier prevede un livello di temperatura e di umidità costante e l'eliminazione di tutti gli agenti inquinanti, incluso il rumore. E i materiali proposti sono gli stessi suggeriti nel '37 da Morpurgo: travertino, stucco, vetro e acciaio. Nel 1998 il Consiglio comunale approva il progetto di Meier con alcurie modifiche al disegno originale, come l'eliminazione del muro che rischiava di oscurare le facciate delle chiese di San Rocco e di San Girolamo. Nel 2000 si avviano i lavori di costruzione che si allungheranno, tra polemiche, verifiche e stop, fino a oggi.