venerdì 14 novembre 2008

«Appia Antica contro il cemento marciamo da Roma a Brindisi»

«Appia Antica contro il cemento marciamo da Roma a Brindisi»
ADELE CAMBRIA
l'Unità (Roma) 13/11/2008

Qui ieri si è inaugurato l`Archivio Antonio Cederna (www.archiviocederna_it, aperto per la consultazione non-virtuale il mercoledì mattina o su richiesta). La Villa, riscattata dalla definizione che gli avrebbe riservato Antonio Cederna - «Uno dei canili di lusso dell`Appia Antica!» - con un restauro che, viceversa ne ripristina ove possibile la struttura medioevale, ospita tutti i materiali che appartennero allo «Archeologo, giornalista, uomo, poeta» come recita il sottotitolo
di un libro. Tremila pagine dell'archivio personale di Cederna cartelline che vanno dagli anni`50 alla metà dei`90 del secolo scorso, 4000 foto e 50 video - sono stati già inseriti nell`archivio elettronico curato dall`IBC, l`istituto dei Beni
Culturali della Regione Emilia-Romagna.
La frase citata, scritta da uno dei visitatori di Capo di Bove, fino al 2002 di proprietà privata e che lo si è scoperto dagli scavi - nascondeva nel suo giardino il tropion di Erode Attico uno dei più lussuosi impianti termali del secondo secolo d.C. è stata ripresa Rita Paris, nel suo appassionato intervento: e
giustamente il Soprintendente Angelo Bottini, presentandola, le aveva riconosciuto il ruolo di domina (Signora) «di questa giornata in cui un funzionario dello Stato può essere contento di esserlo!». E dunque la Soprintendente Rita Paris ha detto: «Mi sembra che questa frase, il cancello aperto sull`Appia, dove,
aggiungo io, tutti i cancelli sono chiusi, possa essere simbolica...».
La Soprintendente, cui tocca la tutela dei monumenti dell`Appia Antica, e la direzione dell`Archivio Cederna, ha tracciato una sintesi dello stato attuale delle cose: «L`Appia Antica è Parco naturalistico regionale dal 1998: questo significa che non
visi potrebbe fare niente se non manutenzione e conservazione. E prudenti scavi archeologici, se ci fossero i soldi. Ma in realtà ci si fa di tutto».
Perché l`Appia Antica è considerata "intoccabile" non dalle pubbliche istituzioni, che ne avrebbero il diritto/dovere, nei limiti sopra indicati, "ma dai privati che a vario titolo,
dalle officine alle ville ai vivai, se ne sono i possessati". E qui il cerchio si chiude con la lettura, da parte dell`urbanista Italo Insolera - uno degli amici più sodali di Antonio Cederna
- dell`incipit del primo articolo sull`Appia Antica, firmato da Cederna e pubblicato su Il Mondo di Mario Pannunzio: «Sulla via. Appia. Antica, fuori Porta S. Sebastiano, c`è una stazione di servizio... Ridicola perché nel suo muro, ad edificazione
del turista, sono incastrati frammenti antichi di marmo, iscrizioni... Tutte queste "antichità", in parte false, in parte comprate a via del Babuino, in parte rubate sulla via stessa,
oltre a costituire un degno prologo per chi si accinge per chi si accinge a visitare in macchina i resti di quella che fu "la regina delle vie", hanno un grande valore simbolico: oggi l`antico è tollerato solo se, fatto a pezzi insignificanti, può essere ridotto a fronzolo...». Riallacciandosi alla storica definizione dell`Appia come "Regina Via.rum", Stefano De Caro, Direttore Generale della Soprintendenza Archeologica, ha proposto che l`Appia antica, diventi patrimonio dell`umanità,
legittimato da un sito Unesco.
«Per me, che sono meridionale, l`Appia parte da qui dove siamo ed
arriva a Brindisi. Più volte dalle tre regioni che la strada attraversa, il Lazio, la Campania e la Puglia, mi è stato chiesto come mai nessuno finora ci ha pensato. Il progetto potrebbe partire da Capo di Bove,un archivio multimediale come questo potrebbe facilitarlo, l`Unione Europea potrebbe impegnarsi, anche estendendolo oltre l`Italia: l`Appia, antica, congiunta alla via Ignazia (o Egnazia), fino a Costantinopoli.
Che è anche Istanbul. Un legame euroasiatico estremamente utile per la pace di questi tempi».
Un sogno? De Caro non sembra un sognatore. Ha aperto il suo
intervento in "brutali" termini di finanza. Al nostro è un patrimonio di immenso valore culturale, ma che lo Stato italiano non può gestire da solo da almeno 15 anni».