lunedì 20 ottobre 2008

I CONSOLI ORGANI ESECUTIVI DELLO STATO

I CONSOLI ORGANI ESECUTIVI DELLO STATO

Organo esecutivo dello Stato sono dal 367 in poi (secondo la tradizione dal 509) i due consoli, eletti dai comizi centuriati su proposta del console in carica. Essi hanno uguale potestà (pan potestas), ma l’uno può invalidare i provvedimenti dell’altro mediante il ius intercedendi. Le insegne della loro autorità sono, oltre che il seguito di 12 littoni recanti i ‘fasci, la sella curulis e la toga praetexta. In campo di battaglia hanno poteri illimitati, ma, trascorso l’anno di carica, sono tenuti a render conto dell’operato. Ai loro comandi sono le due legioni originarie, addette al servizio in campo e composte di 84 centuriae iuniorum, in tutto 8400 uomini, a cui solo più tardi si aggiungono altre due legioni (le legiones seniorum) addette alla difesa della città. La cavalleria è costituita dai membri del ceto senatorio: secondo Polibio, la cavalleria romana ha, rispetto a quella greca, lo svantaggio di portare solo uno schermo sui lombi e un corto mantello rosso, detto trabea, e di non avere corazza, come del resto anche la fanteria, che però è riparata da uno scudo oblungo. Tuttavia presso gli antichi l’esito della battaglia è spesso deciso dalla cavalleria. Magistrati ausiliari dei consoli sono i quaestores, dapprima 2, saliti a 4 forse nell’anno 447. In caso di pericolo viene dichiarato lo stato d’assedio. Sull’esempio del duce delle popolazioni latine viene nominato dai consoli un dittatore, che dal 356 in poi può essere anche un plebeo. Egli non è tenuto a render conto dell’operato, è superiore ai consoli, è per la durata di 6 mesi capo supremo dello Stato: durante questi sei mesi lo stato viene considerato, come era in antico, un esercito. Aiutante del dittatore e nominato dal medesimo è il magister equitum (celerum).
Nonostante la limitazione del potere penale mediante il giudizio d’appello ai comizi centuriati, sancito dalla lex Valeria de provocatione, l’alta magistratura romana mantiene, con l’accentrare il potere (imperium) nelle proprie mani, il carattere militare dello Stato, rendendo possibili i suoi successi in guerra. La scienza militare si tramanda dalle gentes maiores ai nuovi membri della nobiltà. La storiografia del 2° e del 1° secolo, rappresentata per noi da Livio, e in greco da Dionigi di Alicarnasso, ci ha dato del 5° e del 4° secolo una visione unilaterale, definendoli « epoca delle lotte di classe ». Essa ha attribuito alla plebe di allora degli ideali politici ed economici, lo sgravio dei debiti, la divisione della terra, la limitazione delle assegnazioni di ager publicus, che nella sana società dei piccoli agricoltori di quest’epoca non avevano ancora nessuna attualità. Nel 342 la lex Genucia proibisce ancora di prestare a interesse. Sempre la storiografia del 2° e del 1° secolo ha mischiato l’ordo equester, il secondo ceto del 2° secolo, con l’alta nobiltà originaria.