domenica 31 agosto 2008

ORVIETO - L´IMPERATORE CANCELLATO Ritrovato a Orvieto il busto di Geta, fratello di Caracalla

ORVIETO - L´IMPERATORE CANCELLATO Ritrovato a Orvieto il busto di Geta, fratello di Caracalla
la Repubblica 30/08/2008

Orvieto - Un busto dell´imperatore romano Geta - secondo un´ipotesi interpretativa di Filippo Coarelli - è stato rinvenuto negli scavi archeologici condotti dall´Università di Macerata in località Campo della Fiera ai piedi della rupe di Orvieto, in un´area dove le ricerche dirette da Simonetta Stopponi stanno portando alla scoperta del Fanum Voltumnae, il santuario federale degli Etruschi. L´importante rinvenimento è avvenuto nell´area antistante un edificio sacro riportato alla luce già negli anni scorsi insieme a due altari monumentali, uno dei quali di fattura pregevole.
Chi era Geta? Figlio secondogenito di Settimio Severo e Giulia Domna regnò dal 209 al 212 d.C. dapprima d´intesa con il padre e il fratello Caracalla, poi insieme a quest´ultimo. Fu proprio Caracalla a farlo uccidere non volendo dividere il potere con un familiare che iniziava ad avere una notevole popolarità sia nell´esercito sia nell´élite culturale del tempo. Nell´Historia Augusta vengono narrati i fatti che seguirono l´assassinio: il malcontento di «quella parte dei soldati che sosteneva di aver promesso fedeltà a due principi»; la strategia difensiva di Caracalla impostata sulla denigrazione del fratello e la promessa di elargizioni ai militari in rivolta; la damnatio memoriae di Geta e la repressione violenta dei suoi sostenitori. Nell´occasione venne assassinato anche il giurista Papiniano: un sicario inviato dall´unico imperatore rimasto in carica lo uccise con un colpo di scure. Caracalla lo avrebbe rimproverato per non avere usato la spada. In quelle settimane concitate, presso il santuario orvietano, in funzione ancora dopo il tramonto degli Etruschi in età romana repubblicana (un tesoretto di ben 214 monete di quell´epoca è stato rinvenuto sempre nella campagna di scavo 2008) e imperiale, deve essere arrivato l´ordine di distruggere eventuali immagini di Geta.
Nell´area sacra era collocato un busto dell´imperatore assassinato, vi era stato posizionato da poco tempo: il ritratto mostra infatti un Geta adulto che aveva assunto già le prerogative imperiali. Alla direttiva giunta da Roma non era possibile opporsi: il busto andava distrutto. Ma qualcuno - forse un sacerdote o un soldato che aveva studiato sui testi di Papiniano - scelse altrimenti: diede ordine di seppellire il busto senza danneggiarlo anzi avendo cura che non subisse alcuna frattura. Lo fece deporre con grande attenzione arrivando a far collocare una pietra dietro la testa, quasi come un cuscino: il busto non si doveva spezzare. Così - integro - gli archeologi l´hanno ritrovato 1796 anni dopo: lo sconosciuto partigiano di Geta ha saputo conservare la memoria del suo imperatore.
La storia sembra rinviare al racconto Il busto dell´imperatore di Joseph Roth che è una lettura salutare in tempi di nazionalismi nuovamente in grande spolvero: nella novella, il conte Franz Xaver Morstin, al crollo della monarchia austroungarica, sceglie di dare sepoltura a un busto di Francesco Giuseppe scolpito «in povera pietra arenaria dalla mano maldestra di un figlio di contadini» dato che il passato va sepolto degnamente.
Tra archeologia e letteratura nascono a volte intrecci inattesi.

giovedì 28 agosto 2008

SICILIA - Petralia, nell´antica Petra scoperte una villa romana ceramiche e monete

SICILIA - Petralia, nell´antica Petra scoperte una villa romana ceramiche e monete
Ivan Mocciaro
MERCOLEDÌ, 27 AGOSTO 2008 LA REPUBBLICA - Palermo

La scoperta è andata oltre le aspettative di chi aveva progettato la campagna di scavi: Petra svela le sue meraviglie, trovati i resti di una villa rustica, ceramica, monete e colonne romane. Una scoperta di enorme valore storico e archeologico che ha permesso di identificare a Petralia Soprana, un insediamento arcaico a Piano San Giacomo nei pressi di contrada Pinta dove sono emersi materiali ceramici di epoca molta antica che si fanno risalire al VI° secolo avanti Cristo.
E nella frazione di Raffo, in contrada Santa Marina proprio sopra gli argini del fiume Salso, una Villa rustica, detta delle Saline, qui gli scavi hanno portato alla luce cinque colonne di un insediamento di tarda età repubblicana romana (I° sec. a. C.) e vario materiale ceramico ma principalmente due monete in bronzo. Questi due siti potrebbero chiarire alcuni punti oscuri sull´archeologia e la storia del territorio di Petralia e del comprensorio madonita. I risultati della scoperta sono stati presentati ieri pomeriggio presso la Biblioteca comunale di Petralia Soprana, dal professore Gaetano Messineo dell´Università de L´Aquila, che ha guidato la campagna di scavi assieme all´archeologo Santino Ferraro, il geologo Salvatore Salerno e alcuni studenti universitari.

ANKARA - Ritrovata una statua dell´imperatore Marco Aurelio

ANKARA -Ritrovata una statua dell´imperatore Marco Aurelio
MERCOLEDÌ, 27 AGOSTO 2008 LA REPUBBLICA Cultura

A Salagassos (Turchia): era oltre quattro metri

La testa con il suo viso dagli occhi sporgenti, la barba, i riccioli di marmo è praticamente intatta. Così come il braccio destro, con la mano che regge un globo, e le gambe. Doveva essere colossale, alta 4 metri e mezzo, la scultura dell´imperatore romano Marco Aurelio i cui resti sono stati rinvenuti in Turchia. La scoperta, avvenuta nelle terme di Sagalassos, risale al 20 agosto, ma la notizia è stata diffusa soltanto ieri dal Museo archeologico di Burdur. Autori del rinvenimento gli archeologi dell´équipe guidata dal professor Marc Waelkens dell´università cattolica di Lovanio. Il Marco Aurelio è stato ritrovato in quello che doveva essere il frigidarium, la piscina di acqua fredda delle terme romane di Sagalassos, nella città turca che oggi si chiama Aglasum e che si trova nella provincia di Burdur. Secondo le ricostruzioni, il complesso termale venne distrutto da un terremoto tra il 540 e il 620 dopo Cristo. Oggi il posto si rivela essere un vero tesoro della Roma imperiale. Nello stesso sito archeologico, infatti, erano già state portate alla luce parti di una statua di Adriano e una testa di pietra di Faustina maggiore, moglie dell´imperatore Antonino il Pio. Con tutta probabilità, il frigidarium doveva presentarsi come una vera e propria galleria di ritratti della dinastia degli Antonini, che regnarono nel II secolo dopo Cristo.

Un Marco Aurelio colossale con i tratti del filosofo-soldato

Un Marco Aurelio colossale con i tratti del filosofo-soldato
Giulia Ziino
Corriere della Sera 27/8/2008

Scoperti i resti di una statua nelle terme romane della Turchia

Le prime a venire alla luce sono state le gambe. Colossali: un metro e settanta dal piede al ginocchio. Poi un braccio destro (1,55 metri) che sorregge un globo terrestre e infine la testa: 90 centimetri di altezza e la caratteristica barba da filosofo che ha fatto riconoscere nel volto del colosso quello dell'imperatore Marco Aurelio. È ciò che resta di un'immensa statua di marmo — alta, presumibilmente, almeno 4 metri e mezzo — rinvenuta nel sito archeologico di Sagalassos — l'odierna Aglasun, nella Turchia occidentale — da una squadra di archeologi belgi e turchi.
La scoperta, avvenuta il 20 agosto ma resa nota ieri, arriva dopo quelle, nel medesimo sito, dei resti di altri due colossi che hanno i tratti dell'imperatore Adriano e di Faustina maggiore, moglie di Antonino Pio. Tre ritrovamenti che danno ragione all'equipe turco-belga guidata dall'archeologo Marc Waelkens dell'Università cattolica di Lovanio di ipotizzare che, nell'antica Sagalassos, siano sepolte altre statue — una vera e propria galleria — raffiguranti membri della dinastia degli Antonini, padroni di Roma durante il II secolo d.C. La dinastia cui apparteneva anche Marco Aurelio, imperatore tra il 161 e il 180 d.C. La galleria doveva trovare posto nelle terme cittadine, distrutte da un terremoto tra il 540 e il 620 d.C.: l'ultima scoperta, quella del Marco Aurelio, è avvenuta nel frigidarium, la sala che ospitava la grande piscina di acqua fredda dove i romani si immergevano subito dopo il bagno bollente, oggi completamente invasa dalle macerie.
La sala è una miniera per gli archeologi, tanto che l'equipe di Waelkens — che conduce ricerche a Sagalassos dall'85 — ha cominciato a scavare qui dodici anni fa. Un impegno ripagato da ritrovamenti importanti. Prima Adriano, poi Faustina e ora Marco Aurelio: la statua, una delle raffigurazioni più raffinate tra quelle esistenti del sovrano, dovrebbe datarsi intorno al 165 d.C. e rientra appieno nell'iconografia del personaggio: imperatore soldato (ai piedi indossa calzari decorati con pelli di leone, tralci di vite e scudi, in mano regge il globo terrestre in origine probabilmente sormontato da una Nike di bronzo dorato) e filosofo (con la barba e gli occhi sporgenti tipici del pensatore).

ROMA - i colli di Roma: in pericolo per i dissesti geologici; molti gli ambienti chiusi al pubblico

ROMA - i colli di Roma: in pericolo per i dissesti geologici; molti gli ambienti chiusi al pubblico
LUCA VILLORESI
GIOVEDÌ, 28 AGOSTO 2008 la repubblica - Roma

Questo non è semplicemente un luogo, uno spazio fisico racchiuso nelle coordinate di una mappa. Questo panorama appartiene alla metafisica topografica. Sembra un colle; ma in realtà è un concetto, una radice semantica. E, prima ancora che dalla salita che porta alla sua sommità, una visita al Palatino dovrebbe prendere le mosse dall´origine di una parola - il Palazzo - che su questo rilievo ha trovato la sua prima rappresentazione, concreta e simbolica. L´idea di una sede suprema del potere - dalla capanna di Romolo ai fasti imperiali - ha sempre fissato la sua residenza ufficiale sul Palatium: il re dei Sette colli. Incoronato all´atto stesso della fondazione da un´investitura di carattere temporale (l´istituzione della cittadella regia), ma anche spirituale, perché è l´intera altura a essere inaugurata come un tempio. Il segno di un destino che, secolo dopo secolo, strato su strato, ha concentrato in questi pochi ettari la più grande miniera archeologica del mondo. Paradossalmente ignorata da tanti romani che sul Palatino non sono mai saliti. È vero: si paga il biglietto d´ingresso. Ma, almeno una volta, bisognerebbe vagare tra queste rovine per prendere visione, in un colpo solo, di un intero trattato di storia romana.
«Ber bucio! Bella fossa! Ber grottino! Belli ‘sti serci! Tutto quanto bello!». Lo stupore, l´ammirazione, il disorientamento suscitati da uno spettacolo così ordinato e caotico, possono essere descritti in vari modi. C´è la meraviglia di Gregorio XVI in visita agli scavi del Foro - «Bene, diceva er Papa in quer macello» - sceneggiata dal Belli. Oppure, per andare sull´attualità, le contorsioni del turista anglosassone in sandali e calzoncini che, già ai primi passi della visita, batte i piedi per terra ripetendo in continuazione: «I fucking can´t belive it! I fucking can´t believe it!» (tradotto liberamente: «Cacchio, non ci posso credere! Cacchio non ci posso credere!»). Senza arrivare al culmine delle crisi estatiche contemplate dalla sindrome di Stendhal, bisogna ammettere che questo colle, accavallando ruderi e cronologie, ti circonda e ti frastorna; suscitando, a volte, qualche sentimento perfino nel cuore delle gite scolastiche. Un fascino dovuto all´incredibile accumulo di vestigia; ma anche, non c´è dubbio, alla cornice ambientale e a quel colpo d´occhio che ti proietta nel prototipo del classico «paesaggio con rovine». Un intreccio di arte, ingegneria, natura, dove l´ordine geometrico delle colonne, sconvolto e inselvatichito, segue il calendario di stagione, dal giallo delle ginestre al rosso dei papaveri.
Fino all´Ottocento l´appalto per la ripulitura del Palatino e dell´area dei Fori era ancora molto appetito. Chi si aggiudicava la gara guadagnava fieno, cicoria, asparagi e soprattutto una misticanza di prim´ordine (la rughetta migliore, tuttavia, stando alla tradizione, spettava alle Terme di Caracalla). La manutenzione del verde ha avuto le sue evoluzioni. Così come le mode degli alberi che, dopo le olmate papaline, hanno via via prediletto lecci, palme, cipressi... O i pini, tanto amati da Mussolini che li considerava un simbolo della romanità e che era intervenuto personalmente per salvare un esemplare (bellissimo, va detto, antifascismo a parte) che ancora domina la scena. Al di là degli interventi dell´uomo, coronati alla sommità del colle da quello che può essere considerato il primo orto botanico del mondo, gli Orti farnesiani, impiantati nel 1625, il Palatino ha però sviluppato una sua identità autonoma anche in materia di botanica. Malva e farfaraccio, rose canine e ranuncoli, capperi e pratoline. Ci sono piante - le chiamano vegetazione ruderale - che amano la decadenza delle civiltà. E le rovine del Palatino hanno dato vita a un habitat particolarissimo. Siamo al centro della città; ma il numero delle specie censite in quest´area è estremamente vario. Anzi, di più: variegato, come può esserlo l´incontro tra un corbezzolo portato dal vento del mare a uno storace volato chissà come dal Monte Gennaro.
«Mira colà quella scoscesa rupe e quei rotti macigni, e di quel colle quell´alpestre ruina, e quel deserto...». Il Palatino sembra occupare da sempre il centro della scena, geografica, letteraria, leggendaria. Si comincia dall´Enea virgiliano. O anche da prima, dall´antro di Caco, «mostro orrendo, ladron feroce, mezza fiera e mezzo uomo», ucciso da Ercole. Quando Romolo lo eleva al di sopra degli altri colli il Palatium è un rilievo arido, bitorzoluto, circondato dalle paludi, senza fonti d´acqua (per secoli ci si abbevera alle cisterne). Ma è in posizione strategica. Controlla i guadi dell´isola Tiberina e il Foro Boario, lo spazio del mercato. L´etimologia, anche quando il Palatino diventa il Palazzo, servito e riverito, continuerà comunque a rammentare ai posteri le umili origini della rustica progenie. La radice «pala», oltre che al termine altura, si collega a Pales, una dea pastorale. E la fondazione dell´Urbe, incentrata sul Palatium, avviene non a caso il 21 aprile: ricorrenza di una festa, chiamata Parilia, che segnava l´inizio dell´anno agricolo e pastorale. Il Palatino odora d´abbacchio. Ma non si accontenta di essere re. Si ammanta della porpora imperiale: Augusto, Tiberio, Caligola, Nerone, Domiziano, Settimio Severo...
A vederlo dalla parte delle radici il colle è tutto un rincorrersi di antri e cunicoli. Negli Orti farnesiani ogni tanto si apre una voragine. Uno degli ultimi crolli, accanto a un grande leccio, ha aperto improvvisamente una finestra su un enorme ambiente sotterraneo: un criptoportico, dove probabilmente fu ucciso Caligola. Si scende, tra puntelli e impalchi. «Scopriamo nuovi locali, gallerie, aree mai scavate che riscrivono la topografia del colle». Sul Palatino tutto è molto conosciuto, tutto è da scoprire. E la professoressa Maria Antonietta Tomei si muove tra monumenti sommersi e cassette di cocci, apparentemente insignificanti, ma a volte - basta un timbro su un laterizio, o il frammento di un´anfora - capaci di illuminare un´intera ricerca. La vita quotidiana degli archeologi del Palatino passa, tuttavia, anche per l´arte di arrangiarsi. Il colle è attraversato da un reticolo di dissesti, statici e geologici. Intere zone pericolanti sono state chiuse al pubblico. Il crollo è sempre in agguato, con una certa evidenza. Il criptoportico, a vederlo da sotto, sembra reggersi su un castelletto di travi stortignaccole, una zeppa qui e una zeppa là. E tutto il rilievo è un accavallarsi di ponteggi e transenne. Un cantiere continuo, dove da una parte si scava e dall´altra si consolida. «I finanziamenti che ci arrivavano dal gioco del Lotto però si stanno esaurendo. I fondi arrivano a singhiozzo. E così ormai possiamo solo tamponare le emergenze, senza programmi».
«Quello è l´arco di Tito? O di Settimio Severo? Dipende da dove siamo entrati. Da dove siamo entrati?». L´assenza di cartelli esplicativi è pressoché totale. L´esplorazione è confusa. Ma l´atmosfera del luogo, già completamente isolato dal traffico cittadino, non è turbata nemmeno dall´invadenza dello zelo didattico sponsorizzato. L´assenza di una sceneggiatura aumenta paradossalmente la scenografia: uno schermo sul quale proiettare una fantastica carrellata di trionfi e congiure, senza gli obblighi della precisione storica. Alla fine della scalata la visuale si allarga, circolarmente, sull´intero panorama cittadino. Il Gianicolo, il Pincio, l´Aventino, altre terrazze hanno le loro magnifiche prospettive; sempre orientate, però, in questa o quella direzione. Qui, a confermare la centralità del Palatino, il giro d´orizzonte è quasi completo. Per capire fino in fondo il Palatium, alla fine, bisogna però dargli un´occhiata anche dall´esterno. Scendere a valle, attraversare il Circo massimo, salire sull´Aventino. Ecco il colle vincente: una catena montuosa di archi, caverne, colonne. Assomiglia alle Dolomiti; ma è fatta di tufo, marmo, laterizio. E da tutti quei mozziconi di Passato, sparsi tra i prati, come margherite. «E guardate un po´ lì quer capitello... e guardate un po´ qui ‘sto peperino».
(7-continua)

PINCIO. La battaglia culturale e politica di Italia Nostra per evitare alla città di Roma nuove sciagure

PINCIO. La battaglia culturale e politica di Italia Nostra per evitare alla città di Roma nuove sciagure
Salvatore Bonadonna
Liberazione 28/8/2008

Il megaparcheggio nel ventre del Pincio

Italia Nostra ancora una volta benemerita nella battaglia culturale e politica per evitare che su Roma si abbattano nuove sciagure; questa volta, sotto la forma di un megaparcheggio nel ventre del Pincio, sotto la storica terrazza e dietro i percorsi disegnati da Valadier nella progettazione dell'incontro di Villa Borghese con la Piazza del Popolo. Dopo le petizioni, la raccolta di firme, le manifestazioni per scongiurare che una opera tanto impattante quanto inutile prendesse il via, Italia Nostra ha informato il sindaco Alemanno di avere presentato un esposto alla Corte dei Conti e alla Direzione di Sorveglianza dell'Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici. Sarà interessante vedere come reagirà il sindaco che aveva dichiarato la sua contrarietà all'opera durante la campagna elettorale e che, adesso, dovrà pronunciarsi formalmente con un atto della sua Giunta. Le cronache ci dicono di opinioni diverse e contrapposte nella maggioranza. E' nota la contrarietà del capogruppo del Pdl Cicchitto e, al contrario, il possibilismo del sottosegretario ai Beni Culturali, nonché coordinatore romano del Pdl, Francesco Giro. Nella sinistra, anche in quella parte che aveva approvato il progetto con molte cautele e per fedeltà di maggioranza, pare evidente che le riserve debbano sciogliersi in senso negativo dopo la scoperta di reperti archeologici importanti di cui non c'era traccia negli atti amministrativi di approvazione, anche se documentati in testimonianze di autorevoli archeologi e segnalati come possibili dalle sovrintendenze chiamate a rilasciare i pareri.
Adesso che i lavori di scavo hanno evidenziato la esistenza di una domus, vengono al pettine tutti i nodi del pressappochismo opportunistico con cui si adottano le decisioni importanti nel nostro paese e nella città di Roma in particolare. Studi preliminari mancanti e sostituiti da generiche valutazioni, pareri che appaiono correttissimi e rigorosissimi ma che nascondono le verità dietro il rituale "a condizione che" o il rinvio a successive verifiche. Intanto, però, vengono assegnati gli appalti che sono il vero motore delle opere più o meno pubbliche o di interesse pubblico; le amministrazioni si compromettono con le imprese che, come se fossero all'oscuro dei problemi esistenti, lamentano i danni di una eventuale revoca del progetto e ne rivendicano il compenso.
I politici, a quel punto, normalmente, si trincerano dietro il costo rilevante delle penalità insorgente a carico dell'amministrazione e, altrettanto normalmente, danno continuità all'opera dannosa e, prima, osteggiata. Il problema urbanistico o ambientale, affrontato in malo modo e anche in dispregio delle normative europee, diventa, così, materia di giustizia contabile o penale perché le vie normali e ordinarie, agibili in tutta Europa, da noi sono considerate inutili complicazioni e lacci che impediscono lo sviluppo. Si fa conto sul fatto che difficilmente qualcuno paga. Ricordate la vicenda del Ponte sullo Stretto e la penale da pagare perché l'amministratore aveva assegnato alla società aggiudicataria l'appalto qualche settimana prima che il Governo potesse revocare la decisione di fare quell'opera inutile e dannosa oltre che costosa?
La triste verità è che, ormai, purtroppo, l'affermazione ipocrita che le opere pubbliche "non sono né di destra né di sinistra" è diventata senso comune a cui reagiscono solo quanti si pongono il problema della salvaguardia dell'ambiente e della cultura e quanti, consapevolmente, perseguono un altro modello di società e, quindi, di città.
II progetto del parcheggio sotto il Pincio appartiene a quella categoria di opere che servono a chi le commissiona pensando di ottenere consenso politico e a chi la realizza perché, sicuramente, ne trarrà una massa enorme di profitto. Ma è un progetto privo di senso come quasi tutti quelli che fanno capo al Piano Urbano Parcheggi. Infatti mentre in tutte le capitali i parcheggi, che per loro natura sono attrattoli di traffico, vengono concepiti come strumenti della politica della mobilità urbana con l'obiettivo di allontanare e ridurre il traffico nei centri storici, a Roma sono pensati come ricovero di auto che arrivano nel centro città e non trovano posto in strada. Sono pensati come occasione per fare tanti soldi: il rapporto tra costi e ricavi può essere elevatissimo sia nella vendita dei posti auto sia nella gestione del parcheggio orario.
Anche questo aspetto fa capo a quella idea di città che si è appalesata attraverso il Piano regolatore. Una occasione di affari, capace di fare crescere il Pil e, contemporaneamente, la miseria, l'emarginazione e la povertà. Alla città degli affari si danno milioni di metri cubi e il parcheggio; alla gente che vive la città il peggioramento delle condizioni di traffico; a quella della marginalità, l'illusione della sicurezza con le camionette dell'esercito davanti alle ambasciate. Veltroni aveva giudicato che questa fosse la migliore idea di città; Chicco Testa, per conto della Sta, ha condiviso e, per questo, proposto il parcheggio del Pincio e sostiene ancora che è necessario e fattibile. Sulla necessità serve la prova; la fattibilità tecnica è scontata se conta il profitto di chi fa l'opera e non ha valore alcuno il bene archeologico, quello monumentale, quello paesistico ambientale, quello culturale che individua lo spirito dei luoghi per quanto questi hanno accumulato e trasmesso di creazione artistica e di vivibilità, di spiritualità appunto.
Provate ad immaginare la salita al Pincio e la visita alla terrazza per guardare Roma dall'alto, attraversando griglie di areazione del garage sotterraneo ed evitando le auto che entrano ed escono. E' decisamente meglio che il Comune eserciti il suo potere per revocare l'opera e i ministeri e le sovrintendenze si attengano al dettato costituzionale che considera superiore ad ogni altro interesse economico quello relativo ai beni culturali ed ambientali.

martedì 26 agosto 2008

Quando il toro dei Sanniti cercò di usurpare la Lupa di Roma

ROMA - Quando il toro dei Sanniti cercò di usurpare la Lupa di Roma
ADRIANO LA REGINA
la Repubblica (Roma) 12/08/2008

Nonostante il principe di Metternich sostenesse, a metà dell´Ottocento, che il nome dell´Italia era una semplice espressione geografica, priva del significato politico che gli ideologi della rivoluzione volevano attribuirgli, l´idea di nazione amata e perseguita nel Risorgimento aveva già due millenni di storia. Scoperte archeologiche stanno rivelando nel cuore del Molise, nel territorio del comune di Pietrabbondante, sorprendenti resti monumentali nell´ambito di un santuario eretto dai Sanniti a mille metri di altitudine, in superba posizione a dominio dell´intera regione. Luogo di culto pubblico, sacrario di stato e sede d´adunanze del senato, quel luogo di culto svolse a lungo il ruolo di rappresentare la nazione sannitica e, nella sua ultima fase, l´aspirazione di istituire un nuovo ordinamento politico insieme con gli altri popoli d´Italia. Questo nome dalle origini tuttora misteriose era infatti diventato già in antico simbolo di una concezione che assegnava alle genti italiche il destino di fondare una nazione la quale si riconoscesse nell´Italia piuttosto che in Roma.
Le popolazioni dell´Italia centrale e meridionale, vinte e poi associate a Roma in un patto di alleanza, per circa due secoli avevavo costituito il nerbo militare dell´imperialismo romano nella conquista del Mediterraneo quando, sullo scorcio del secondo secolo avanti Cristo, rivendicarono ripetutamente e invano la cittadinanza, ossia parità di diritti politici e civili nello stato romano. Di fronte alla posizione ferma, che limitava la partecipazione di quei popoli ai benefici economici derivanti dall´espansione romana senza concedere le prerogative e i privilegi della cittadinanza, le aristocrazie italiche cercarono una soluzione nell´impiego della forza. Elessero a capitale la città di Corfinio, al centro dell´Abruzzo, alla quale diedero il nuovo nome di Italia, emblema di un potere sostitutivo di quello romano, e contrapposero al patrimonio ideale di Roma un sistema simbolico alternativo, come il toro sannita in luogo della lupa romana. Fu così creata per la prima volta un´ideologia ben definita, seppure effimera, della nazione italiana.
Insorsero tutti insieme nel 91 avanti Cristo, Marsi, Vestini, Piceni, Peligni, Marrucini, Frentani, Sanniti, ossia «le genti più forti d´Italia» nelle parole di Plinio, che avevano popolato le terre delle odierne regioni d´Abruzzo, Marche, Molise, e poi ancora gli Italici della Campania, dell´Apulia e della Lucania, per dare luogo a quella guerra detta «sociale», ossia «degli alleati», nota anche come guerra marsica o italica.
Il conflitto divampò aspramente per intere regioni, e la potenza romana vacillò sotto l´impeto di eserciti addestrati a battersi nel nome di Roma. Per contrastare i ribelli si dovette persino ricorrere all´impiego di militari arruolati in terre lontane, come i cavalieri ispanici ai quali fu concessa la cittadinanza romana per il coraggio con cui avevano combattuto nel Piceno, oppure all´impiego di reparti inviati dalle popolazioni settentrionali, come i Veneti che intervennero nella Marsica, nel territorio dei Vestini, nell´assedio di Ascoli. Prevalse l´abilità politica di Roma, che con un provvedimento a sorpresa spuntò le armi ideali della ribellione e aprì la strada alla repressione di ogni ulteriore resistenza: nel bel mezzo del conflitto la cittadinanza romana fu concessa individualmente a tutti gli Italici che ne avessero fatto richiesta. Nasceva così l´Italia romana, che avrebbe raggiunto il suo compimento nei decenni successivi con la diffusione dell´ordinamento municipale e con l´articolazione regionale concepita da Augusto, in buona parte entrambi pervenuti nel nostro attuale assetto territoriale.
Di questa storia della prima Italia le terre dell´antico Sannio, il cui nucleo originario corrisponde in maniera approssimativa alle province di Campobasso e Isernia, conservano monumenti grandiosi e affascinanti, ancorché poco esplorati. Fortificazioni megalitiche, fittamente distribuite sulle vette dei monti, anche ad altitudini assai elevate, le une in vista delle altre, formano un poderoso sistema di arroccamento creato per contrastare le incursioni delle legioni romane durante le tre guerre sannitiche e durante la guerra contro Pirro, la quarta guerra «romana» dei Sanniti, e per cercare riparo dagli eserciti cartaginesi durante il flagello annibalico. È difficile individuare in ciascuna di queste fortezze i singoli insediamenti di cui Livio tramanda così frequentemente il nome nella narrazione delle guerre nel Sannio. Alcune sono tuttavia obiettivamente identificabili, come le fortificazioni di Saepinum, il cui nome sopravvive in quello di Sepino; di altre è attendibilmente riconoscibile il sito, come nel caso di Aquilonia che, stando a Livio, dovrebbe corrispondere all´abitato cinto da mura sul Monte Vairano, a ridosso di Campobasso. Ciò che appare certo, e che cambia di non poco la tradizionale ricostruzione storica, è che gran parte delle guerre sannitiche si svolsero proprio nella parte del Sannio corrispondente al Molise interno, tra Isernia, Agnone, Campobasso e Sepino.
Ingenti sono le informazioni sulla storia istituzionale, religiosa e artistica del mondo italico che provengono dagli scavi in corso a Pietrabbondante, ove il santuario montano non inserito in un contesto urbano, già esistente nel quarto secolo, distrutto durante la guerra annibalica e ricostruito durante il secondo secolo avanti Cristo, assunse grande rilevanza politica e religiosa poco prima della guerra sociale, ossia nel momento delle maggiori rivendicazioni nei confronti di Roma, quando si attribuì per la prima volta significato politico al nome Italia. Risale a tale epoca la costruzione del maggiore tempio noto nel Sannio, collegato con un teatro ellenistico concepito per ospitare anche assemblee politiche, e con una domus publica, sede di attività civili e religiose. Le ricerche hanno dimostrato che tutti quei monumenti, e gli altri che li circondano, erano destinati a svolgere funzioni che interessavano l´intera nazione sannitica. Il culto delle divinità ivi rappresentate, la Victoria e un´altra dal nome osco corrispondente a quello di Ops Consiva, dea dell´abbondanza, rivelano il ruolo fortemente ideologico svolto da questo centro religioso e politico nella terra degli antichi Italici.

«Sventrare il Pincio è un insulto culturale»

ROMA - «Sventrare il Pincio è un insulto culturale»
MONICA ROSSI
Libero (Roma) 17/08/2008

Nemmeno nel giorno di Ferragosto si placa la polemica sul parcheggio del Pincio. Il presidente della sezione romana di Italia Nostra, Carlo Ripa di Meana, insieme a sua moglie Marina,
il 15 agosto, giorno del suo 79esimo compleanno, ha ribadito il suo fermo «no» al megaparking che si dovrebbe realizzare nel cuore del monumento del Valadier. Un chiaro messaggio, rivolto soprattutto al sindaco Alemanno che, in base agli aspetti messi in luce dalla relazione dei cinque Saggi valuterà, entro la fine del mese, «tutti i punti di vista, compresi quelli di carattere economico rispetto al rischio di un danno erariale».
Proprio riguardo a quest`ultimo, Ripa di Meana ha suggerito al primo cittadino della Capitale di «non preoccuparsi». Se si fermassero i lavori, ha aggiunto, «Alemanno può agire con la rescissione in danno del contratto alla ditta appaltatrice». Documenti alla mano e spirito comabattivo di sempre, i coniugi Ripa di Meana hanno ribadito,indossando delle tavolette, la loro posizione: «Sventrare il Pincio è un crimine culturale».
Per il presidente di Italia Nostra, infatti, l`opera è paragonabile al «crimine culturale perpetrato nel 2001 a Bamiyan, nell`Afghanistan centrale, dalle cannonate dei Talebani del Mullah
Omar che hanno distrutto le due colossali statue del Buddha».
D`altra parte Marina ripa di Meana si è detta pronta, qualora non si fermasse il cantiere, «allo sciopero della fame». E no solo. Se il sindaco optasse per la realizzazione del parcheggio, Marina è pronta anche ad appellarsi al Papa, affinché «intervenga anche con le sue preghiere, contro lo scempio del Pincio».
Una promenade che, secondo il presidente della sezione romana dell`onlus ambientalista, arriva all`indomani della «sonora bocciatura» del pool di esperti nominati dal sindaco, lo scorso giugno. Nel parere della commissione tecnica - composta dal presidente dell`Ordine degli Architetti di Roma Amedeo Schiattarella, il professor Giorgio Muratore, ordinario di Storia dell`Architettura a Valle Giulia, il presidente dell`Ordine degli Ingegneri di roma e Provincia, Francesco Duilio Rossi, l`ex sovrintendente Adriano La Regina e l`archeologa, Marina Mattei - sono emerse forti «perplessità» riguardo «agli aspetti architettonici e ambientali che verrebbero toccati dalla realizzazione del nuovo parcheggio».
Elementi, come più volte sottolineato dai Saggi, valutati senza il supporto del parere della Sovrientendenza archeologica.
Del resto, l`associazione presieduta da Ripa di Meana ha più volte denunciato le «irregolarità» del progetto (iniziato duran te l`amministrazione Veltroni). Tra queste, «il mancato rispetto del codice Urbani sulle piazze storiche» e «la sottovalutazione dei problemi idrogeologici», (35 metri sotto la collina del Pincio, infatti, ci sarebbe l`acqua). Nonostante i «tentennamenti» di Alemanno, Ripa di Meana si è detto comunque fiducioso «nel
sindaco per gli impegni assunti prima e durante la campagna
elettorale».

Vetralla, una città romana sotto il Forum Cassii

VITERBO - Vetralla, una città romana sotto il Forum Cassii
Il Messaggero 18/08/2008

Un ninfeo o un teatro d`epoca romana sarebbero celati sotto la chiesa di Santa Maria in Forcassi, nell`antico Forum Cassii, nei pressi di Vetralla (Viterbo), una delle ultimetappe dei pellegrini della via Franeigena in cammino verso Roma.
E' quanto è emerso nel corso del convegno Foro Cassio, un`occasione di sviluppo, un`opportunità per creare nuova occupazione; tenuto a Tre Croci, frazione di Vetralla.
Nel corso dell`incontro sono stati illustrati gli studi condotti dalla British School at Rome, secondo i quali, tra l`attuale Foro Cassio e Tre Croci. ci sarebbero i resti di una città romana con strade, resti di terme e abitazioni databili tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C.
Andrea Natali, docente dell`Università di Bologna ha inoltre ipotizzato che sotto gli affreschi della chiesa di Santa Maria in Forcassi, attribuiti al Masaccio, in stato di conservazione pessimo, ci siano altri dipinti murali precedenti al XIV secolo.

PINCIO: BOTTINI, 40% PROGETTO OCCUPATO DA RESTI ARCHEOLOGICI

PINCIO: BOTTINI, 40% PROGETTO OCCUPATO DA RESTI ARCHEOLOGICI
19 AGOSTO 2008, ANSA


(ANSA) - ROMA, 19 AGO - "Aspettiamo che ci sia un pronunciamento o la richiesta di una convocazione. Nella relazione della Soprintendenza inviata al sindaco ci limitiamo a dare una descrizione delle preesistenze archeologiche, protette dalla legge, nell'area del Pincio e chiediamo che siano valutate". Il soprintendente archeologico di Roma Angelo Bottini resta in attesa di ulteriori sviluppi e per ora tiene a precisare che, appena conclusa la prima fase di scavi, sovrapponendo l'area con quella del progetto del mega parcheggio, solo il 40% è occupato occupato da preesistenze. La relazione, sollecitata dal Gabinetto del sindaco, è stata inviata la settimana prima di Ferragosto, dice Bottini, ribadendo che "questa è ancora una fase interlocutoria". La posizione della Soprintendenza è infatti quella di offrire una testimonianza delle vestigia archeologiche del resto "note da tempo". "La fattibilità del mega-parcheggio dipende dal progetto - aggiunge lo studioso - e non c'é una situazione tale che ne implichi l'esclusione assoluta". Saranno i pareri tecnici, prosegue, a dire se il progetto tuteli o meno le preesistenze sondate da questa prima fase di scavi appena conclusa. Anche se Bottini parla di "fase di ricerca ora interrotta". Gli scavi riguardano l'area di quella che per gli esperti è probabilmente la villa di Lucullo e che si estenderebbe, secondo i rilievi, all'esterno dell'area del progetto, verso il Muro Torto, se non per i resti di un fregio. In area marginale c'e anche un cripto-portico, che si sviluppa in direzione della Casina delle Rose. Inoltre, di rilievo, una vasta pavimentazione e una struttura a due piani che degrada. "Se adegueranno il progetto si può andare avanti - conclude il soprintendente Bottini - ma la discussione si inserisce in un contesto più generale" e la valutazione riguarderà diversi aspetti e non solo la componente archeologica. (ANSA).

2008-08-19 19:16
PINCIO: RIPA DI MEANA, FOTO PARLANO CHIARO,STOP A PARCHEGGIO
ROMA
(ANSA) - ROMA, 19 AGO - Allegate alla relazione della Soprintendenza per i beni culturali sull'ipotesi di realizzazione di un parcheggio interrato al Pincio, nel cuore di Roma, trasmessa al Campidoglio ci sono foto "decisive per mettere in modo chiaro e non perplesso la parola fine" a tale progetto: sono la "prova regina che si tratta di un progetto scellerato". Ad affermarlo è Carlo Ripa di Meana a nome di Italia Nostra. "Le foto pubblicate oggi sul sito web del Corriere della Sera mostrano una vera acropoli", dice Ripa di Meana tornando a chiedere, come aveva fatto il giorno di Ferragosto, al sindaco Gianni Alemanno di "fermare i lavori, rescindere il contratto e proclamare conclusa l'incredibile progetto sacrilego". Ripa di Meana è inoltre "sorpreso e turbato" dall'apprendere che "l'attesissima relazione della Soprintendenza è stata consegnata al sindaco il 7 agosto scorso: sono sette pagine sui ritrovamenti con corredo fotografico che da solo la dice tutta e che fino ad oggi non sono state in nessun modo evocate, neppure nell'ultima dichiarazione resa al riguardo da Alemanno sabato scorso". Materiale di documentazione che, aggiunge, "si viene a sapere, per quattro giorni è scomparso nelle spire del viaggio burocratico e protocollare, ma riemerso l'11 agosto". "Italia Nostra, che in questo caso rappresento - conclude - chiede formalmente ad Alemanno di dire ciò che va detto senza remore e titubanze, perché il Pincio resti nella sua storia e nella sua perfetta funzione panoramica". (ANSA).


PINCIO:GIRO, RELAZIONE SOVRINTENDENZA NON HA VALORE OSTATIVO

ROMA
(ANSA) - ROMA, 19 AGO - "In questo documento non vi è alcuna valutazione ostativa al progetto del parcheggio del Pincio, al contrario si evidenzia che il progetto stesso non coinvolge affatto, come più volte dichiarato da Italia Nostra, la villa di Lucullo, individuata all'esterno, sulle pendici del Muro Torto". Lo ha detto, in una nota, il sottosegretario di stato ai Beni e alle Attività culturali Francesco Giro. Giro ha sottolineato che "anche il criptoportico di età imperiale appare localizzato in un'area marginale rispetto all'area del progetto e può essere tutelato senza difficoltà". "Come i 5 saggi hanno già scritto nella loro relazione al sindaco e come ha spiegato lo stesso soprintendente Bottini - ha spiegato Giro - si tratta di valutare la possibilità di prevedere modifiche, peraltro non rilevanti, per salvaguardare le vestigia archeologiche, già note da tempo e individuate all'interno del perimetro del progetto. E' utile anche ricordare che nello stesso mirabile progetto del Valadier che collegò l'elemento urbano di piazza del Popolo con quello paesistico ' dei giardini del Pincio con rampe e terrazze, molti resti archeologici sono risultati ridimensionati. Allora mi chiedo: per Italia Nostra anche Valadier era un barbaro per questo?''. "L'unica cosa che chiediamo, anzi pretendiamo, è lo studio attento delle carte per evitare - ha aggiunto Giro - strumentalizzazioni che non servono mai a risolvere i problemi". (ANSA).

Teatro romano sotto la chiesa «È una scoperta eccezionale»

Teatro romano sotto la chiesa «È una scoperta eccezionale»
Wanda Cherubini
19 AGOSTO 2008. IL TEMPO


Una scoperta eccezionale quella che è emersa nel corso del convegno organizzato a Tre Croci sul Foro Cassio.

Si tratta di un'ulteriore ricchezza che probabilmente si nasconde sotto la chiesa di Santa Maria in Forcassi, ovvero un antico teatro che fa parte di una città romana, nascosta a qualche metro di profondità e che, probabilmente, si estendeva dall'attuale Foro Cassio fino a Tre Croci.

Un patrimonio unico: accanto alla chiesa con gli affreschi attribuiti da Enrico Guidoni a Masaccio, si sviluppano con molta probabilità strade, ville, impianti termali ed abitazioni databili tra il II sec. a.C. e il III d.C.

Al di sotto dei dipinti murali ancora presenti, Andrea Natali, docente dell'Università degli Studi di Bologna, ha ipotizzato, inoltre, la presenza di dipinti murali precedenti al XIV secolo.

«Ciò dimostra - ha evidenziato Elisabetta De Minicis, docente dell'Università degli Studi della Tuscia - come dentro la chiesa di Santa Maria si sovrappongano molteplici strati di affreschi di straordinaria importanza».

«Un patrimonio unico nel suo genere» - ha affermato Daniele Camilli del comitato festeggiamenti, autore di due libri sulla chiesa ed il territorio di Foro Cassio che, assieme ad Andrea Natali, ha promosso il convegno.

«Una ricchezza - ha proseguito - che dobbiamo assolutamente salvaguardare. La chiesa di Foro Cassio non è soltanto un oggetto di studio, ma anche una realtà che, se viene messa a sistema con le altre ricchezze storiche, artistiche, archeologiche ed ambientali di Vetralla, può veramente dare un nuovo futuro al territorio, nuovi posti di lavoro ed uno sviluppo basato sul turismo ed un'economia agricola ricca di eccellenze». Non solo, quindi, la scoperta ha una indubbia valenza storica e artistica, ma potrebbe portare un indotto turistico e occupazionale per la Tuscia. In questa ottica si sono già impegnati alcuni intellettuali, il museo della città e del territorio, il comitato festeggiamenti, alcune associazioni, il comitato Salva Foro Cassio e tutta la popolazione di Tre Croci, sostenuti dall'amministrazione comunale.

ROMA - Una «Pompei segreta» nel sito del mega garage

ROMA - Una «Pompei segreta» nel sito del mega garage
Piccolillo Virginia
(20 agosto 2008) - Corriere della Sera

Gli scavi Ecco i tesori archeologici del Pincio. Per la Soprintendenza «l' area deve essere salvaguardata»

«Le foto sono la prova regina che il parcheggio nel Pincio è un progetto scellerato. Alemanno lo ammetta e dica perché ha taciuto la reazione della Sovrintendenza». Lo ha detto ieri Vittorio Ripa di Meana a nome di Italia Nostra, dopo aver visto sul sito web del Corriere della Sera le immagini inedite della Pompei segreta che dovrebbe far spazio al mega-garage da 7 piani con oltre 700 posti auto. E aver letto le anticipazioni della relazione della Sovrintendenza dei Beni archeologici. Sette pagine zeppe di ritrovamenti. Un «importante resto di pavimento in mosaico con fondo nero nel quale sono inserite tessere colorate» del I secolo a.C. Un criptoportico anteriore al IV secolo d.C. che attraversa l' intera area del parcheggio. Sedici vani, di cui 6 ipogei, del I secolo a.C. con coperture a volta. Una «rete idrica» sotterranea. «Consistenti strutture archeologiche» ritrovate là dove sorgevano gli Orti Luculliani, nel punto in cui fu assassinata Messalina. I 42 carotaggi hanno agito come una macchina del tempo nella collina più amata dai romani protetta dall' Unesco. E la relazione parla chiaro. «Le strutture rinvenute sono tutelate dalla legge» e devono «essere salvaguardate integralmente». «Perché non ce l' hanno data? Era la cosa più importante per dare il parere», tuona il professor Giorgio Muratore, uno dei saggi chiamati da Alemanno a suggerire un «sì» o un «no» al progetto varato dalla giunta Veltroni che prevede lo svuotamento del Pincio, gallerie di accesso nelle rampe del Valadier, e nel piazzale sovrastante ampie grate di scarico dei gas delle auto. I «saggi» ufficialmente non hanno letto la relazione perché l' Ufficio speciale emergenza Traffico e Mobilità ha impiegato 4 giorni per protocollarlo (l' 11 agosto). Nel frattempo, l' 8, hanno depositato un parere (dal quale Muratore si è dissociato) che apre a possibili variazioni. Pur avvertendo del rischio di «compromettere in modo irreversibile il valore storico e la qualità estetico-ambientale» del Pincio. «Spostarlo non risolve. Il parcheggio va fermato» evidenzia Muratore. Ora la parola torna al sindaco. Stracciare il contratto costerebbe circa 6 milioni di euro di penale. Entro fine mese dovrà decidere se il Pincio li merita.

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Una villa, mosaici, portici ecco la Pompei del Pincio

ROMA - Una villa, mosaici, portici ecco la Pompei del Pincio
LAURA MARI
MERCOLEDÌ, 20 AGOSTO 2008 LA REPUBBLICA - ROMA

La relazione della soprintendenza "I resti nel 40% dell´area del parcheggio"

Una Pompei sotto il belvedere del Pincio. Un mosaico del I secolo a. C., una villa romana e un criptoportico di età imperiale. Sono solo una parte del tesoro archeologico ritrovato durante la prima fase dei sondaggi per la realizzazione del parcheggio del Pincio. Reperti puntualmente descritti nella relazione inviata il primo agosto al sindaco Alemanno dalla sovrintendenza speciale ai Beni Archeologici. E la conferma del ritrovamento di una sorta di Pompei capitolina nel cuore del Pincio arriva proprio dal soprintendente speciale per i Beni Archeologici di Roma, Angelo Bottini, secondo cui «il 40 per cento dell´area su cui dovrebbe sorgere il parcheggio è occupata da preesistenze archeologiche. Ma la fattibilità del parcheggio dipende dal progetto - ha precisato Bottini - e non c´è una situazione tale che ne implichi l´assoluta esclusione».
Una tesi ribadita anche dal sottosegretario ai Beni Culturali Francesco Giro, che sottolinea che nella relazione inviata al sindaco Alemanno «non c´è alcuna valutazione ostativa al progetto del parcheggio del Pincio».
Dai sondaggi effettuati in questi mesi è comunque emersa la presenza di un vero e proprio tesoro archeologico. Una Pompei sotto il Pincio che custodirebbe, come si legge nella relazione, «un importante pavimento in mosaico con fondo nero nel quale sono inserite tessere colorate» e risalente al I secolo a.C., ma anche un criptoportico anteriore al IV secolo d.C. (che attraversa l´intera area del parcheggio) e sedici vani, di cui sei ipogei, del I secolo a.C. e con coperture a volta. ci sono dunque un pavimento in mosaico del I secolo d. C., sedici vani con copertura a volta (di cui sei ipogei) e un criptoportico di età imperiale che si estende in direzione della Casina delle Rose.
«Il tesoro archeologico ritrovato durante i sondaggi va preservato e tutelato - ha fatto sapere il soprintendente Angelo Bottini - e la relazione che ho inviato al sindaco Alemanno contiene una descrizione degli scavi svolti fino al primo agosto». Pur ribadendo l´importanza dei reperti ritrovati sotto l´area che potrebbe essere interessata dalla costruzione del maxi-parcheggio di sette piani e per 700 posti auto, il soprintendete Bottini ha voluto sottolineare che «nella relazione non abbiamo dato un parere sulla fattibilità del parking, ma abbiamo solo precisato che le testimonianze archeologiche scoperte vanno preservate e tutelate. Insomma - ha fatto sapere Angelo Bottini - questo non vuol dire che il parcheggio non si può fare, ma che eventualmente si dovrà fare a condizione che vengano conservati integralmente i resti archeologici».
Reperti che occupano il 40% della superficie su cui dovrebbe essere costruito il parking. «Se adegueranno il progetto ai ritrovamenti si potrà andare avanti» ha fatto sapere il soprintendente Bottini.
Ma Carlo Ripa di Meana, di Italia Nostra, continua a chiedere che «il sindaco fermi i lavori, rescinda il contratto e dichiari conclusa la vicenda del parcheggio sacrilego».

ARCHEOLOGIA Villa romana del III D.C La domus imperiale dell’isola di Wight

ARCHEOLOGIA Villa romana del III D.C La domus imperiale dell’isola di Wight
21 AGOSTO 2008, L'Unità


Sensazionale scoperta sull’isola di Wight, dove gli archeologi hanno riportato alla luce i resti di una delle più grandi e meglio conservate ville romane. L’edificio, risalente a circa 1.800 anni fa, è grande quanto una piscina olimpionica con i suoi 15 metri di larghezza per 45 di lunghezza. La villa appartenne probabilmente ad un certo Alletto che nel 293 d.C. uccise il suo predecessore Carausio, un comandante dell’esercito romano che si era autoproclamato imperatore della Britannia. La villa è vicina ad un altro edificio simile, famoso per l’incomparabile bellezza dei suoi mosaici.

Pantheon, scoppia la polemica per la casa costruita sul tetto

ROMA - Pantheon, scoppia la polemica per la casa costruita sul tetto
RENATA MAMBELLI
SABATO, 23 AGOSTO 2008 LA REPUBBLICA - Roma

Dopo la denuncia di "Repubblica" per la sopraelevazione sul palazzo antico


Fa discutere la sopraelevazione di palazzo Maffei Marescotti denunciata e documentata ieri da Repubblica. Il palazzo, di proprietà del Vaticano e quindi in regime di extraterritorialità, è in uso del Vicariato di Roma e ospita una serie di associazioni cattoliche nonché l´Opera Romana Pellegrinaggi, che ne occupa gran parte. Le foto mostrano come il palazzo negli ultimi mesi sia stato innalzato e, soprattutto, coronato da un brutto manufatto, una specie di casetta, che rovina lo skyline, a pochi metri dalla grande cupola del Pantheon. «Lavori di ristrutturazione e di manutenzione delle capriate e delle terrazze», come ci ha dichiarato l´amministrazione del palazzo, che gridano vendetta.
Mentre il Comune di Roma fa sapere di non avere per ora intenzione di commentare la sopraelevazione del Vicariato, ieri Mario Staderini, della Direzione dei Radicali Italiani, ha chiesto al sindaco Alemanno di intervenire «con urgenza», ricordando l´episodio della bouvette del Senato di piazza della Minerva «rimossa proprio grazie all´intervento del sindaco Veltroni». E al cardinale Agostino Vallini, nuovo Vicario di Roma, Staderini chiede se era a conoscenza della cosa «e se sia possibile che il Vicariato di Roma, come un abusivo qualsiasi, tiri su in fretta e furia un orrido manufatto». «Quello che per un cittadino italiano sarebbe reato di abuso edilizio», aggiunge Staderini, per il Vaticano è un atto libero e lecito. D´altronde non è certo la prima volta che l´extraterritorialità viene usata per eludere le leggi italiane, persino quelle a protezione dei lavoratori».
Ma è proprio vero che l´extraterritorialità da mano libera di fare quel che si vuole? «In certo senso sì», conferma la soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio del Comune di Roma Federica Galloni, «ma non tutti si comportano allo stesso modo. Stiamo lavorando insieme con il Vicariato, ad esempio, per San Giovanni in Laterano, senza nessun problema, mentre tempo fa non riuscimmo a far togliere una orribile pubblicità dal palazzo di Propaganda Fidae, del Vaticano, in piazza di Spagna. Alle nostre lettere di protesta hanno risposto inviandoci il loro statuto che prevedeva l´extraterritorialità. E basta. Proprio a piazza di Spagna, invece, l´ambasciata di Spagna presso la Santa Sede, che aveva progettato di sopraelevare il palazzo con un piano tutto in vetro, quando ha capito che non eravamo d´accordo ha bloccato i lavori. Certo, noi non possiamo fare altro che delle proteste, sta anche al buon senso di chi gode dell´extraterritorialità farne buon uso. C´è chi capisce l´ambito culturale in cui si vengono a trovare e chi invece no». Quanto a palazzo Maffei Marescotti, la Galloni precisa: «Voglio occuparmene presto».

FANO - conclusi gli scavi nel Forum Sempronii

FANO - conclusi gli scavi nel Forum Sempronii
Edizione del 24 agosto 2008, corriere adriatico


Si è conclusa la campagna di scavi 2008 nel Parco Archeologico di Forum Sempronii, città romana che sta venendo alla luce lungo la via consolare Flaminia a San Martino del Piano di Fossombrone. Fondata da Caio Sempronio Gracco nel II secolo d.C., ha raggiunto il massimo sviluppo nella prima età imperiale, con edifici monumentali, strutture in parte in marmo e strade lastricate in pietra del Furlo. La progressiva scoperta dell’abitato antico è in corso da parte dell’Università di Urbino dal 1974 e dopo 35 campagne di scavo il Parco Archeologico presenta su un’ampia estensione terme, abitazioni, edifici visitabili percorrendo vie lastricate. La città è stata abbandonata circa 1500 anni fa, a seguito delle invasioni barbariche e sotto quasi due metri di terra stanno riaffiorando pavimenti a mosaico e strutture romane grazie all’opera di numerosi studenti del Corso di Laurea di Beni Archeologici, aiutati anche da allievi dei Licei Classici di Pesaro, di Fano, di Urbino e di Iesi.

Quando la Valdinievole era una provincia dell’Impero

TOSCANA - MONTECATINI:Quando la Valdinievole era una provincia dell’Impero
LARA FUSCO
MARTEDÌ, 26 AGOSTO 2008 IL TIRRENO - Montecatini

All’Osteria dei Pellegrini un’affascinante mostra sulle testimonianze della presenza romana in zona

MONSUMMANO. “Alle origini dell’industria: dalla gestione del territorio alla tradizione produttiva, la Valdinievole in epoca romana”. Questo il titolo della mostra, appuntamento estivo di quest’anno con le “Notti dell’archeologia”, apertasi il 5 luglio e che resterà visibile al publico fino al 28 settembre al Museo della Città e del Territorio.
Si tratta di un percorso espositivo che ricostruisce le fasi della presenza della civiltà romana nella sistemazione e gestione del nostro territorio, evidenziandone l’importanza attraverso le principali operazioni di misurazioni del terreno, le fasi tecniche di lavorazione e gli strumenti agricoli adoperati. Un viaggio alla riscoperta del mondo antico, per conoscere meglio la presenza dell’antica Roma in Valdinievole.
A far da guida attraverso l’iter numerosi pannelli, immagini e reperti archeologici. Incroci di linee e segmenti, danno il benvenuto alla mostra, schemi geometrici, planimetrie del territorio evidenziano l’attività di centuriazione, particolare tipo di divisione del terreno introdotto dai romani. Si prosegue attraverso una consistente rassegna formata dagli strumenti di suddivisione del terreno: la groma ad esempio, composta da una croce di legno a quattro bracci perpendicolari, un arnese indispensabile per la misurazione delle aree agricole.
Salutata la zona dedicata agli attrezzi del mestiere è la volta dell’attenta ricostruzione delle varie tipologie di insediamento romano. Gli esempi locali spaziano dalla villa rustica, come quella di Pozzarello, a quella signorile (quella del Vergigno), alla fattoria (quella di Cerbaia). In conclusione della mostra, ultima testimonianza e grande novità di quest’anno, i numerosi e affascinanti reperti: anfore di argilla, frammenti di vetri, bronzi, statuette votive e particolari tipi di vasellame. Testimonianze significative della presenza dell’antica Roma in Valdinievole.
La mostra è aperta il lunedì dalle 9 alle 12, dal mercoledì al venerdì dalle 16 alle 19, e il sabato e la domenica dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19. Martedì giorno di chiusura.

Pantheon, nuovo abuso sui tetti "villetta" costruita sul terrazzo

ROMA - Pantheon, nuovo abuso sui tetti "villetta" costruita sul terrazzo
RENATA MAMBELLI
MARTEDÌ, 26 AGOSTO 2008 la Repubblica - Roma

E i Radicali sul caso Vaticano: intervenga il governo. Era stata posta sotto sequestro ma ora la costruzione è condonata


Un nuovo abuso si staglia sui tetti di via della Pigna, mentre non si placa la polemica sulla ristrutturazione di palazzo Maffei Marescotti, del Vicariato, anche questo con affaccio su via della Pigna, dopo che è stato impedito ai vigili mandati dal sindaco Alemanno di verificare «lo stato dell´arte» della costruzione nata come un fungo quest´estate a deturpare il panorama a due passi dal Pantheon. Ieri infatti il radicale Maurizio Turco ha presentato un´interrogazione al presidente del Consiglio in cui si chiede, tra l´altro, quali sono le iniziative prese dal governo «nei confronti dello Stato Città del Vaticano in virtù del rifiuto assoluto di accesso nella sede del Vicariato opposto ai funzionari di polizia municipale del Comune di Roma il 22 agosto» e se il corpo diplomatico «è stato o sarà interessato della questione». Turco fa notare, nell´interrogazione, che il palazzo non gode dell´extraterritorialità quanto «delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati Esteri».
Proprio di fronte al palazzo del Vicariato, al civico 24, un bel palazzo recentemente acquistato e ristrutturato da una immobiliare è stato sormontato, con lavori a partire dall´inizio del 2006, da una "villetta" di circa 130 metri cubi, ricavata innalzando e allargando una vecchia lavanderia. Contro quest´orrore l´Ufficio antiabusivismo del Comune, su segnalazione dei cittadini, era intervenuto nell´aprile del 2006 e con il concorso dei vigili urbani e su disposizione della procura di Roma aveva sequestrato il manufatto. Ora, però, il colpo di scena: la costruzione sul terrazzo è stata dissequestrata, i lavori finiti e la villetta sembra ormai destinata a rimanere intoccabile nel suggestivo panorama dei tetti intorno al Pantheon. Il dissequestro, per il quale molti cittadini stanno già gridando allo scandalo, è la conseguenza della sanatoria concessa dal Dipartimento IX del Comune (politiche attuazione strumenti urbanistici) ai sensi dell´articolo 36. E questo nonostante che tutta la zona sia sottoposta a vincoli ambientali strettissimi.
Per una "villetta" condonata, almeno per il momento, non sono pochi però gli interventi contro abusi che hanno dato buoni risultati. È ormai risolta la questione di via Baccelli, dove a due passi da Caracalla erano spuntate da un giorno all´altro quattro palazzine, senza nessun permesso, già poste sotto sequestro dall´Ufficio antiabusivismo del Comune di Roma di cui è a capo Massimo Miglio. Ora la Soprintendenza di Roma ha detto la parola definitiva respingendo qualsiasi ipotesi di sanabilità: le palazzine non saranno condonate ma demolite. E le demolizioni, negli ultimi mesi, hanno fatto giustizia di abusi, alcuni dei quali davvero incredibili, come la villetta di 300 metri cubi a via Margutta, a ridosso di Trinità dei Monti. Sono finite sotto sequestro, con convalida del Gip, le tre arcate aperte senza alcun permesso dal ristorante Angelino ai Fori direttamente su via dei Fori Imperiali. Bloccato anche, a via Frangipane, dietro al Colosseo, lo sventramento di un sottosuolo di grande interesse archeologico fatto per aprire una discoteca.

venerdì 22 agosto 2008

Pincio, già scavati 25 mila metri cubi

ROMA - Pincio, già scavati 25 mila metri cubi
CARLO ALBERTO BUCCI
VENERDÌ, 22 AGOSTO 2008 LA REPUBBLICA - Roma


I lavori avanzano. Areazione dalle aiuole. E i Verdi alla Ue: "Fermateli"

Contrasti nella commissione dei saggi. Ok di Rossi Ma Muratore: "Una mostruosità"


Continua lo scontro sul Pincio. Parcheggio, sì o no? Ma intanto gli scavi archeologici vanno avanti. E sono stati portati via già 25mila metri cubi di terra. Contro il progetto per 700 posti auto da vendere ai residenti del Tridente, i Verdi con Bonelli scrivono alla Ue e all´Unesco. Chiedono un ispezione: "Progetto sbagliato, fermateli". Contrario anche uno dei 5 saggi chiamati da Alemanno, Giorgio Muratore. Definisce il progetto: "Una mostruosità". E si scaglia contro gli impianti di areazione nascosti nelle aiuole e contro gli accessi sulle rampe del Valadier. Favorevole invece Rossi. E la commissione non ha ancora presentato la relazione definitiva.



I camion hanno già portato via dalle viscere del Pincio qualcosa come 25mila metri cubi di terra. Sono stati rimossi dallo scavo, profondo cinque metri e di circa 5000 metri quadri d´ampiezza, che gli archeologi stanno realizzando per mettere in luce le importanti preesistenze dell´antica Roma. Eppure la decisione definitiva sul parcheggio da 700 posti - quasi tutti per le auto dei residenti del Tridente, da pedonalizzare - è tornata improvvisamente in bilico. Mentre il contestatissimo scavo è, di fatto, già iniziato. Dopo le barricate di "Italia nostra" e del "Comitato per la bellezza", dopo i «No» di Sgarbi e Fuksas, ieri Angelo Bonelli, dei Verdi, ha inviato un esposto all´Unesco e alla Ue chiedendo «un ispezione e un intervento per fermare i lavori: il progetto è una scelta sbagliata».
Per la giunta Alemanno sarà difficile fermare, come annunciato in campagna elettorale, le benne messe in azione dall´amministrazione di centrosinistra. Alla perdita del patrimonio architettonico e paesaggistico, prima che archeologico, si assomma la sicura perdita economica. Perché ai tre milioni di penale (il 10% dell´importo totale) da pagare alla ditta vincitrice del concorso, la Sac dei Cerasi, c´è da aggiungere la spesa per il ripristino (ad esempio il rinterro degli antichi resti e il ritorno tra i viali dei busti dei probi viri rimossi per il restauro); oltre al mancato guadagno netto per le casse del Campidoglio di 30 milioni dalla prevista vendita dei posti auto.
Allo scontro durissimo nel Pdl e nel governo tra contrari e favorevoli al parcheggio da 7 piani per 25 metri di profondità (capeggiati dal capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, su un lato della barricata, e dal sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro, dall´altra), si è aggiunta ora la frattura all´interno della commissione nominata dal sindaco per disinnescare la mina. I cinque saggi del Campidoglio (La Regina, Mattei, Muratore, Rossi e Schiattarella) hanno prodotto, per ora, solo una relazione preliminare; e non hanno ancora preso visione del rapporto realizzato dalla Soprintendenze archeologica statale sugli scavi. Ma l´ingegner Francesco Rossi ha già annunciato che il parcheggio «si può fare», a patto che si salvaguardi l´archeologia (per questo il progetto è stato spostato di circa 5 metri verso piazza Bucarest). E ha precisato che il problema dei gas non esiste: «Perché il parcheggio non sarà di scambio, produrrà poco gas e pochi fumi».
Giorgio Muratore ha invece inviato ieri ad Alemanno una memoria aggiuntiva: ha definito il progetto «una mostruosità, culturalmente criminale». Per l´architetto romano, tra i punti deboli del piano c´è «il problema dei gas di scarico»; la trasformazione di ampia parte del piazzale «in mero piano di copertura di una rimessa interrata»; l´impatto negativo «dei larghi pozzi di areazione e degli estesi grigliati», che il progetto prevede nascosti da aiuole, «delle scale di accesso per uscite di emergenza e dei volumi tecnici di varia natura, che trasformeranno definitivamente il senso e la qualità dei luoghi». Vero mostro per Muratore sono gli accessi per le auto: «La grande galleria carrabile, camuffata appena e malamente dalle goffe archeggiature posticce, e il tunnel pedonale, non sono tali da garantire, sia sul piano architettonico che su quello ambientale, i requisiti minimi che ne possono consentire la realizzazione a meno della perdita irreversibile di una serie di specifiche qualità dei luoghi». Il progetto dei passi, carrabile e pedonale, sulle rampe settecentesche del Valadier è stato in realtà modificato. E ha avuto il lasciapassare della Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici di Roma, guidata da Federica Galloni.

Pantheon, sui tetti spunta una nuova casa

ROMA - Pantheon, sui tetti spunta una nuova casa
RENATA MAMBELLI
VENERDÌ, 22 AGOSTO 2008 LA REPUBBLICA - Roma

Costruita su un antico palazzo del Vaticano. E ora oscura la vista di San Pietro

L´edificio Maffei Marescotti ospita anche l´Opera Romana Pellegrinaggi
La risposta: lavori di ristrutturazione e manutenzione delle capriate e delle terrazze


I tetti di Roma, si sa, non sono più quelli di una volta. Se si sale su una delle tante terrazze si scoprono, tra i profili di palazzi e chiese, sfiatatoi dell´aria condizionata, roof garden di alberghi, canne fumarie di ristoranti, gabbie di ascensori. Tutti, o quasi, fatti però con attenzione ai vincoli fissati dalla soprintendenza oppure, è forse la maggioranza dei casi, condonati. Fa un certo effetto però scoprire a poche decine di metri alla cupola del Pantheon una sopraelevazione che la eguaglia in altezza, e, soprattutto, affianca alle linee perfette del tempio romano un manufatto che sembra una pizzeria di quelle che sbucano all´improvviso sui litorali italiani, con finestroni, tettoia e un comignolo da friggitoria. Non è bello, non è senz´altro nei canoni che sarebbero da rispettare, visto che questi sono i tetti del centro di Roma, ma non è neppure abusivo. La "pizzeria", infatti, è una sopraelevazione appena costruita - i lavori sono stati fatti quest´estate - nell´antico palazzo Maffei Marescotti, di proprietà del Vaticano, che ospita, all´indirizzo di via della Pigna 13 a, uffici del Vicariato di Roma tra cui l´Opera Romana Pellegrinaggi, che proprio qui ha la sua prestigiosa sede.
Ad accorgersi dell´obbrobrio nato come un fungo nell´arco dell´estate sono stati gli abitanti delle case di via del Gesù e di piazza della Pigna. Anche perché da tempo tengono d´occhio il complesso di via della Pigna 13 a. «Ogni anno ne cresce un pezzo nuovo», ci dice una delle inquiline che ha denunciato la cosa al nostro giornale e che ci chiede l´anonimato, «comincio ad essere davvero preoccupata: cosa altro si inventeranno in futuro?» L´assalto al cielo da parte dei proprietari di palazzo Maffei Marescotti infatti non è di oggi. Già nel 2001 gli abitanti della zona erano insorti contro l´innalzamento, sopra il tetto del palazzo, di un nuovo piano sormontato da una grande terrazza, un giardino pensile. Lettere di protesta sono partite all´indirizzo del cardinale Ruini, allora vicario del Papa, di mons. Liborio Andreatta, amministratore delegato dell´Opera Romana Pellegrinaggi, addirittura del Papa. Senza nessun riscontro. I lavori del giardino pensile sono continuati, una parte degli abitanti di via del Gesù ha visto per sempre tagliata a metà la cupola di San Pietro di cui godevano la vista.
Alle nostre domande si è risposto, da parte dell´amministrazione del palazzo di via della Pigna 13 a, che effettivamente questa estate sono stati fatti lavori nel complesso Maffei Marescotti: si è trattato, ci hanno detto, di lavori di ristrutturazione e manutenzione delle capriate e delle terrazze. Ma non ci è stato spiegato se questi lavori hanno portato alla modifica della cubatura degli ambienti da ristrutturare.
Palazzo Maffei Marescotti fa parte del patrimonio della Santa Sede che, con il nuovo Concordato, ha ottenuto l´extraterritorialità per le sue proprietà nella capitale, che è come se fossero, per quanto riguarda leggi e regole, all´interno delle mura vaticane. Questo palazzo è oggi del Vicariato di Roma che vi ha collocato, negli anni, una grande quantità di associazioni, centri diocesani e organizzazioni. Tra le altre associazioni della scuola cattolica, come la Fidae e la Fism, il Movimento Lavoratori di Azione Cattolica, l´Associazione Amici della Caritas di Roma, l´Unitalsi, la Ctg, la Federazione Società di San Vincenzo De Paoli, gli uffici commerciali del quotidiano Avvenire, l´Ucai, cioè gli artisti cattolici, e una galleria d´arte da loro ispirata, la Galleria La Pigna. E, soprattutto, l´Opera Romana Pellegrinaggi, che dell´intero palazzo occupa tre piani. Racconta la vulgata degli abitanti di via del Gesù che quella terrazza con giardino pensile sia usata proprio dall´Opera Pellegrinaggi nelle notti romane per party e incontri di lavoro. Non siamo in grado di confermare queste dicerie. Ma resta comunque una domanda: quella specie di pizzeria che si staglia a pochi metri dal Pantheon, a qualunque uso sia destinata, bisognava proprio costruirla? Questo schiaffo al panorama di Roma andava proprio dato?

lunedì 11 agosto 2008

Roman temple ruins found in Israel

Roman temple ruins found in Israel
Agence France-Presse
First Posted 22:51:00 08/11/2008

JERUSALEM—Archaeologists have found the ruins of a pagan temple dating back to Roman times in the Galilee region of northern Israel, the Hebrew University in Jerusalem said on Monday.

The temple was discovered under the foundations of a Byzantine church that had been unearthed during a previous dig in Zippori national park, the university said in a statement.

"This discovery shows that Zippori, the Jewish capital of Galilee during the Roman period, had a fairly important pagan population," it said.

Objects found among the ruins of the 24-meter by 12-meter (80- by 40-foot) temple suggest the temple was devoted to Zeus and Tyche, the Greek goddess of prosperity, according to the university which led the dig.

Trovato un mausoleo romano sotto lo stadio Flaminio

ROMA - Trovato un mausoleo romano sotto lo stadio Flaminio
LAURA MARI
GIOVEDÌ, 07 AGOSTO 2008 LA REPUBBLICA - Roma

Il ritrovamento archeologico risale allo scorso aprile. Nell´ambito dei lavori di ristrutturazione dello stadio Flaminio, iniziati il 12 settembre 2007, gli operai dell´impresa che lavora su commissione del Comune di Roma si sono infatti imbattuti, nell´anello che separa il cancello che circonda il Flaminio dagli ingressi dello stadio, in alcuni muri di epoca romana. Sul posto sono subito intervenuti gli archeologi della soprintendenza capitolina, che hanno avviato gli scavi e hanno portato alla luce le mura, perfettamente conservate, di un mausoleo sepolcrale del I secolo d.C., oltre a una piccola urna in marmo che necessiterà però di un accurato intervento di restauro.
«I lavori di ristrutturazione dei primi tre lotti dello stadio Flaminio non si fermeranno e il polo sportivo sarà pronto per accogliere il prossimo torneo delle Sei Nazioni» ha garantito l´assessore capitolino ai Lavori Pubblici Fabrizio Ghera, che ieri mattina ha effettuato un sopralluogo allo stadio insieme al delegato capitolino allo Sport Alessandro Cochi. E sempre l´assessore Ghera ha convocato, per la giornata di domani, una riunione tecnica «per decidere, in considerazione dei ritrovamenti archeologici, eventuali varianti al progetto». Dove gli archeologi hanno ritrovato le mura del mausoleo (il cui perimetro di estende su una superficie di circa cento metri quadrati), dovrebbe infatti essere costruita una delle due rampe di scala che consentiranno un più sicuro e agevole accesso degli spettatori alle gradinate superiori.
Ma non è escluso che dagli scavi emergano altri importanti reperti archeologici. Il mausoleo è stato infatti ritrovato nell´area dove passava, un tempo, l´antica via Flaminia, e in base a quanto riferito dagli archeologici della soprintendenza capitolina, non avrebbe niente da invidiare a quelli rinvenuti nell´area dell´Appia Antica. «Gli archeologi continueranno il loro lavoro- ha annunciato l´assessore Ghera- ma posso escludere fin da ora che ci saranno ritardi nella chiusura dei cantieri per la ristrutturazione dello stadio Flaminio e garantisco che in nessun modo verrà compromesso l´inizio del torneo di rugby delle Sei Nazioni».

«Parcheggio del Pincio? Non ho mai detto sì, servono accertamenti»

ROMA - La Regina: «Parcheggio del Pincio? Non ho mai detto sì, servono accertamenti»
09 agosto 2008, L'Unità - Roma


L’ex Soprintendente archeologico di Roma (fino al 2005) è ora uno dei saggi nominati dal sindaco per valutare la fattibilità del parking sotterraneo: «Quella collina ospita certamente resti di ville romane»

Adriano La Regina non ha mai dato il nulla osta per il Parcheggio sotterraneo del Pincio.
L’illustre Professore, Soprintendente archeologico di Roma fino al 2005, il 25 ottobre 2004 esprimeva in una nota (protocollata col numero 31066) le sue perplessità relative allo scavo di un parcheggio sotto la collina del Pincio, premettendo che allo stato dei lavori aventi come obiettivo le indagini archeologiche preliminari all’eventuale decisione di dare il via al cantiere, nulla, all’epoca, poteva darsi per acquisito, in quanto soltanto un quinto accertamenti necessari era stato compiuto.
Quindi La Regina, «nel ribadire quanto già dettagliatamente comunicato con la nota n. 3098 del 4 febbraio 2004, relativamente all’importanza archeologica dell’area del parcheggio, occupata fin dalla fine dell’età repubblicana dagli Orti delle più antiche famiglie di Roma», concludeva: «Restano forti riserve sugli accessi veicolari previsti in via Gabriele D’Annunzio, per le ovvie conseguenze negative sulla Passeggiata del Pincio. Realizzata da Giuseppe Valadier nel 1834… essa costituisce un complesso unitario con la sottostante Piazza del Popolo e non può trasformarsi in alcun modo in una rampa di accesso ad un enorme parcheggio sotterraneo».
Ricordava anche come «la Passeggiata, che comprende anche Piazzale Napoleone I, è sottoposta sia a vincolo storico artistico… con decreto del 29 dicembre 1952, sia a vincolo ambientale ex lege 1497/39 dal 20 ottobre 1953». Raccomandava infine di «studiare per gli accessi al parcheggio soluzioni alternative a quelle previste in progetto». E poiché la nota del 25 ottobre 2004 é l’ultima firmata da Adriano La Regina, riguardo al parcheggio sotterraneo del Pincio, rimane difficile comprendere come il suo successore nella carica, il Soprintendente Angelo Bottini, abbia potuto confermare, in data 17 giugno 2005, «il nulla osta alla fattibilità dell’opera, già espresso con la nota del 25 ottobre 2004, prot. 31066». In quella nota il nulla osta non c’è, e la circostanza è stata fatta notare il 29 luglio scorso, in occasione della audizione in Campidoglio dei 5 saggi nominati dal sindaco Gianni Alemanno per essere illuminato sul da farsi. (Oltre a La Regina fanno parte del Comitato l’architetto Giorgio Muratore, l’archeologa Marina Mattei, il Presidente dell’Ordine degli Architetti, Amedeo Schiattarella, e il Presidente dell’Ordine degli Ingegneri Francesco Rossi).
Ma qual è oggi l’opinione del Professore a proposito del parcheggio? Ovviamente egli si ritiene impegnato ad esprimere un giudizio soltanto nell’ambito della consulenza del Comitato dei Saggi, che si esprimerà presumibilmente entro il10ottobre. Ma accetta di commentare una vecchia intervista che aveva dato a la Repubblica il 6 novembre 2007, e nella quale sosteneva che «usare i rilievi della città è una soluzione per trovare posteggi». «Quell’intervista nasce - mi spiega - dalla mia irritazione nel constatare che Carlo Ripa di Meana strumentalizzava la nota del 25 ottobre 2004, quella da lei citata, dandole un valore di negazione al via libera al parcheggio. Quella nota invece non decideva nulla, né in un senso, né nell’altro, perché giudicava ancora insufficienti i dati raccolti dalla campagna di esplorazione archeologica. Dopo io sono andato in pensione e non ho più seguito la vicenda: sulla quale invece ho ricominciato a documentarmi per rispondere ai quesiti che il Sindaco ci ha posto al riguardo».
Ma pensa ancora che «usare i rilievi della città è una soluzione per trovare posteggi?» «Lo dicevo soprattutto per evitare che si scavasse nella zona di Campo Marzio, una zona ad alta intensità archeologica, per realizzare il parcheggio sotterraneo destinato alle auto del Parlamento ». Ritiene quindi meno probabile che scavando sotto il Pincio si ritrovino reperti importanti? Si parla per esempio della Villa di Lucullo, delle catacombe cristiane...
«La Villa di Lucullo dovrebbe trovarsi piuttosto in prossimità dell’altura di Trinità dei Monti... Ma poiché non ne conosciamo l’estensione, bisogna andare a vedere... È certo che il Pincio ospitasse comunque ville aristocratiche... Insomma una campagna di esplorazione archeologica preliminare effettuata a largo raggio avrebbe potuto dare le risposte che si cercano... ».

Proteste, giudici e dimissioni II percorso a ostacoli del Pincio

ROMA - Proteste, giudici e dimissioni II percorso a ostacoli del Pincio
Edoardo Sassi
Corriere della Sera (Roma) 10/08/2008

Un documento breve, più o meno tre cartelle e suddiviso in tre parti, che pur senza prendere una decisione netta contiene di fatto un sostanziale via libera, nell`aria ormai da una ventina di giorni come più volte anticipato su queste pagine, alla contestatissima opera pubblica, all`epoca fortemente voluta dal sindaco Walter Veltroni.
Tra i cinque saggi, il presidente dell`ordine degli architetti Amedeo Schiattarella, che confermala notizia della consegna ad Alemanno, ma preferisce non rilasciare alcuna dichiarazione:
«La relazione è stata consegnata al sindaco in maniera riservata - le sue parole - ma non intendo fare commenti fino a quando il contenuto non sarà reso pubblico».
Sul sì però la commissione si è spaccata, con lo storico dell`architettura Giorgio Muratore che contestualmente al documento collettivo, che pure ha formato insieme agli altri, ha inviato ad Alemanno, sempre venerdì, una «memoria aggiuntiva».
«Solo per spirito di collaborazione con l`amministrazione - ha spiegato il professore - ho fin qui aderito ripromettendomi peraltro, se le cose all`interno della Commissione non potranno chiarirsi al più presto, di prenderne ufficialmente le distanze (in buona sostanza e a malincuore, non vedo, purtroppo, alternativa alle mie eventuali dimissioni), al fine della tutela e della salvaguardia di uno dei tesori più preziosi della nostra capitale e anche della mia onorabilità scientifica e professionale».
Per il futuro parking sotterraneo, lavoro osteggiato, oltre che da Italia Nostra, anche dal gotha dell`intellighenzia (in gran parte di sinistra) - urbanisti, storici dell`arte e architetti, tra i quali anche il presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali, Salvatore Settis - non è comunque detta l`ultima parola (che spetta al sindaco, o alla magistratura, visto che sull`intera questione - appalto, permessi ecc - sta indagando il pm Paolo Ferri).
La stessa commissione di saggi comunque, solo dopo la relazione finale del soprintendente all`archeologia Angelo Bottini sui ritrovamenti effettuati, pare stilerà un suo parere definitivo. Intanto sul «sì» al prosieguo del cantiere contenuto nella relazione («sì», stando alle indiscrezioni, voluto soprattutto
da Schiattarella e dal collega «saggio» Duilio Rossi, presidente dell`ordine degli ingegneri) si spacca anche la politica, compreso quel centrodestra che per anni si è opposto all`opera quando era all`opposizione in Campidoglio. Diverse in particolar modo le posizioni all`interno dell`ala Forza Italia del Pdl. Al «sì» ai lavori, annunciato a sorpresa su queste pagine dal sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro, avevano fatto seguito le critiche del collega Fabrizio Cicchetto, che dei deputati del Pdl è presidente. Cicchetto nelle ultime ore è tornato sul tema, giudicando «inquietanti» quelle che fino a ieri erano indiscrezioni sulla fattibilità di un`opera targata Veltroni e da più fronti considerata scandalosa oltre che apertamente osteggiata dallo stesso Alemanno in campagna elettorale.
Contraria al parking anche la deputata Beatrice Lorenzin, ex consigliera capitolina: «Al di là delle questioni archeologiche e ambientali - ha spiegato - rimaniamo ancora scettici sull`opportunità di un`opera così invasiva. Negli scorsi anni abbiamo più volte contestato la decisone della giunta Veltroni di realizzare un`opera che non solo non soddisfa la bulimica fame di parcheggi della Capitale, ma che distoglie anche risorse dall`esigenza di un restyling di tutta l`area del Pincio e di Villa Borghese».

Fontana del Fiumi, una cascata di date

ROMA - Fontana del Fiumi, una cascata di date
C.Mar.
Il Messaggero 11/08/2008

L`inizio del restauro e slittato di un anno, ma la fine e prevista a ottobre. Pandolfi: «Tempi condizionati dai fondi».
Da quasi due anni i turisti che giungono ammirati in piazza Navona continuano a fotografare mezza fontana. Cioè due fiumi, il profilo del leone, lo stemma araldico della famiglia papale e mia delle facciate dell`obelisco. Per tutto il 2007 hanno immortalato questo lato, il lato B. Poi l`impalcatura s`è spostata ed è cambiata anche la prospettiva. Ora le comitive fanno mezzo giro per inquadrare il lato A, Per mettere a fuoco il panorama completo, ovvero la Fontana dei Quattro fiumi nella splendida versione integrale, quella realizzata dal maestro Bernini nella metà del `600, committente Papa Innocenzo X, dovranno pazientare.
Quanto ancora? Sull`etichetta che indica la data di fine lavori ora c`è scritto 31 ottobre 2008.
Ma dallo spessore e dagli strati si intuisce che in passato man mano che la fine del restauro conservativo slittava si è proceduto a sovrapporre le date. Senonché a furia di attaccare etichette è cambiata inspiegabilmenteanche la data di inizio lavori, quella che in teoria, e forse anche in pratica, doveva restare immutata. Non più il luglio del 2006, quando anche i giornali ne avevano parlato per la prima volta, bensì il novembre del 2007. Tanto che l`altro giorno qualcuno s`è permesso di scavalcare la recinzione di ferro battuto, cosa che richiede una certa preparazione atletica, e lasciare un cartello sui pannelli di legno che limitano ` il cantiere: «Ha fatto prima il Bernini a costruire la fontana che voi a ripulirla».
Una pasquinata, d`accordo. Ma la domanda se non siamo indiscreti resta: quando finiranno i lavori?
«I cartelli cambiano a secondo dei contratti non per un nostro capriccio, man mano che scadono li aggiorniamo», è la spiegazione di Anna Maria Pandolfi, la progettista, nonchè la direttrice dei lavori curati dall`Istituto Centrale di Restauro. Un`autorità in materia e non solo in Italia.
In pratica sarebbe successo questo. Trattandosi di un intervento abbastanza complesso e sofisticato anche i costi ne avrebbero risentito (600 mila euro). E poiché il Comune di Roma, come è risaputo, non se la passa benissimo, si è proceduto per successivi mandati di pagamento.
«La data indicata ora, la fine del prossimo mese di ottobre sarà quella definitiva», assicura la dottoressa Luisa Cardilli, responsabile dei beni monumentali di Roma.
«La riapertura della fontana - continua la Cardilli coinciderà con un convegno sulle fontane che terremo il prossimo autunno all`auditorium dell`Ara Pacis. Dunque, non si può più rimandare».
Progettare un restauro, va detto, non è semplice. Tanto più se si tratta di un restyling complesso come è stato quello della Fontana dei Quattro fiumi, un "gioiello" conosciuto in tutto il mondo. Un "gioiello" alle prese con vari problemi.
Dal guano dei piccioni, all`inquinamento, al vandalismo.
L`acqua, come spiegano i cartelli esposti e tradotti anche in inglese sulle pareti di legno del cantiere, «percolava in modo incontrollato». Lesioni e microlesioni, cadute, piccoli cedimenti.
E stato necessario mettere a punto anche uno studio sui gas nocivi, utilizzare un gruppo di lavoro con competenze multidisciplinari. Pianificare la manutenzione futura.
Un capitolo a parte ha richiesto poi la sistemazione del sistema idraulico che alimenta le tre fontane e causava «la fuoriuscita impropria di zampilli». Sotto i flash di migliaia e migliaia di visitatori il processo di erosione delle scogliere in travertino avanzava e così per le sculture in marmo, i mostri e gli animali. Per non parlare del consumo idrico, equivalente, si dice «a quello di una cittadina grande come Velletri ».
A settembre inizierà il lavoro dell`Atea per il trattamento dell`acqua attraverso osmosi. Verrà realizzato, dunque, un impianto (simile a quello della Fontana di Trevi) a circuito chiuso per il riciclo.
La camera di manovra verra posizionata dentro Palazzo Braschi; Il che ha richiesto un congruo numèro di permessi e svariato tempo per il rilascio. Chi ha scritto quel cartello, insomma, non aveva tutti i torti. Bernini forse avrebbe fatto in tempo a farne un`altra.

mercoledì 6 agosto 2008

“Salvate gli scavi del Gianicolo”. Un cantiere da riaprire. Tra fondi del Giubileo e Opere pubbliche

“Salvate gli scavi del Gianicolo”. Un cantiere da riaprire. Tra fondi del Giubileo e Opere pubbliche
ADRIANO LA REGINA
LA REPUBBLICA - Roma - MARTEDÌ, 29 LUGLIO

La vicenda dell'edificio antico del Gianicolo, che a quanto pare verrebbe ora interrato definitivamente prima della completa esplorazione, continua a presentare aspetti poco chiari tra dichiarazioni contraddittorie da parte dei Beni Culturali e, peggio ancora, silenzi imbarazzati da parte del Provveditorato alle opere pubbliche. È questo infatti l'ufficio che amministra i fondi per il Giubileo destinati allo scavo archeologico reso obbligatorio da un decreto emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1999 per autorizzare la costruzione di una rampa di collegamento stradale con il parcheggio gianicolense, nell'area della ex villa Barberini, poi giardino del Collegio de Propaganda Fide. L'importanza delle strutture rinvenute non fu allora messa in dubbio, e la rampa in galleria che ne comportava la rimozione fu autorizzata, in considerazione di obblighi contratti dallo Stato italiano con la Santa Sede, solo a condizione che le esplorazioni venissero successivamente completate per la piena conoscenza del monumento e per poterne decidere la sorte. La questione suscitò all'epoca notevole scalpore e divenne anche oggetto di contrasti politici. È naturale che ci si attenda ora, dopo lungaggini e ritardi, che lo scavo venga almeno completato e che si possa finalmente comprendere la natura dell'edificio, rimasta sconosciuta.
Un intervento che faccia capo a due uffici, Provveditorato e Soprintendenza, comporta ovviamente maggiori difficoltà, perché ciascuno tende a privilegiare gli aspetti di propria competenza. Ciò nonostante gli obblighi derivanti dal provvedimento del Consiglio dei Ministri riguardano chiunque sia coinvolto nell'operazione, e non ammettono comportamenti elusivi: il Provveditorato non potrebbe, ad esempio, sostenere che i lavori vengono interrotti perché la Soprintendenza non ne chiede la prosecuzione. Né la Soprintendenza può da una parte sostenere che sono esauriti i fondi e dall'altra riconoscere che nel 2003 si erano ottenuti 2 milioni e mezzo di euro, certamente non del tutto spesi: non si sono peraltro realizzate le opere previste per poter scavare in sicurezza l'intero edificio. Non è d'altra parte chiaro chi abbia deciso di modificare il progetto originario che rendeva possibile il completamento delle indagini.
Resta poi del tutto sibillina la posizione che viene ad assumere in tale contesto il parcheggio privato che dovrebbe essere costruito dalla Società S. Onofrio negli Orti Torlonia, a ridosso dell'area in cui sono stati appena sospesi gli scavi. È infatti del tutto evidente tra che se i resti antichi di nuovo rinvenimento dovessero essere sistemati in situ per la pubblica fruizione (come è peraltro considerato possibile dal decreto del 1999), non sarebbe allora facile costruire il parcheggio senza soffocare il monumento e senza ridurne le possibilità di accesso. Il buon senso vorrebbe infatti che prima si decidesse cosa fare del monumento con piena cognizione di causa, ossia a scavo completato, per poi entrare nel merito delle valutazioni relative al parcheggio privato. La sequenza inversa, ossia l'approvazione del parcheggio nell'attuale stato delle conoscenze equivale alla condanna definitiva, in violazione di una esplicita determinazione governativa, di un monumento per la cui esplorazione vi sono i mezzi e di cui sarebbe ancora possibile assicurare la pubblica fruizione.

Parioli, un sarcofago nel salotto Sequestrati piatti, sculture e reperti del IV secolo sottratti da scavi clandestini

ROMA - Parioli, un sarcofago nel salotto Sequestrati piatti, sculture e reperti del IV secolo sottratti da scavi clandestini
VALERIA ABATE
GIOVEDÌ, 31 LUGLIO 2008 LA REPUBBLICA - Roma

L´opera rubata ritrovata dai carabinieri a casa di un sarto

In casa e nel negozio aveva in tutto una trentina di reperti tra anfore e piatti, conservati con grande cura e messe in bella mostra per gli ospiti. Il collezionista di opere trafugate è un sarto della "Roma bene", talmente sicuro che la sua passione non sarebbe stata scoperta, da non resistere alla tentazione di esporre alcune delle opere archeologiche tra le camicie, nella vetrina della sua bottega nel cuore dei Parioli.
Ma è stato proprio questo eccesso di sicurezza a metterlo nei guai. A scoprirlo è stato un militare del reparto operativo dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, che si è insospettito notando i reperti esposti in vetrina alla vista di tutti. Dalle perquisizioni che sono seguite, è emerso che le opere provengono tutte da scavi clandestini in aree archeologiche della Campania e della Puglia.
Il ritrovamento nella capitale è stata una delle quattro distinte operazioni che ha visto impegnati i carabinieri impegnati nella difesa del patrimonio culturale.
È ampio infatti il bottino di opere artistiche e reperti archeologici recuperati dai carabinieri. Oltre alla trentina di oggetti trovati in casa del sarto, è stato recuperato anche un sarcofago di epoca romana, un piatto del IV secolo a. C. e una scultura di marmo raffigurante un busto di Sileno del I secolo d. C.
Il sequestro rappresenta una piccola vittoria che permette di accorciare anche se di poco la lista del repertorio delle opere d´arte trafugate in Italia, che consta di oltre 2 milioni e 700mila reperti che mancano all´appello.
Si aggira intorno ai 200mila euro il valore del solo sarcofago ritrovato un mese fa dopo che era stato piazzato sul mercato antiquario e quindi venduto ad un professionista.
L´opera, della tipologia infantile in marmo del III-IV secolo d. C., era scomparsa nel maggio del 2004 da un magazzino del tribunale di Tivoli, dove era stata temporaneamente conservata per consentire i lavori di ristrutturazione dei locali.
E´ stato restituito spontaneamente alla soprintendente per i beni archeologici per le province di Napoli e Caserta dalla casa d´aste newyorkese Sotheby´s una scultura di marmo giallo, un´Erma del I secolo d. C. L´opera risultava rubata quarant´anni fa, e la stessa casa d´aste americana ha reso noto che il bene, riconosciuto come asportato dall´anfiteatro campano e antiquarium di Santa Maria Capua Vetere, era stato acquistato sul mercato statunitense da un collezionista privato, deceduto.
C´è voluto invece l´indagine dei militari per recuperare un piatto apulo a figure rosse del IV secolo a. C., sottratto al museo Bardini di Firenze. Era finito nel catalogo di un´asta di reperti archeologici sul sito internet della casa d´aste "Antonina" di Roma. Un giro, quello delle vendite di beni culturali sul web, che si sta allargando vistosamente e che è sempre più al centro delle indagini dei carabinieri.