domenica 11 maggio 2008

La nascita di Venere dal terremoto : 50 anni di scavi ad Alba Fucens

La nascita di Venere dal terremoto : 50 anni di scavi ad Alba Fucens
di PIETRO M. TRIVELLI
Mercoledì 1 Novembre 2006, Il Messaggero

In esposizione i 50 anni di scavi ad Alba Fucens, Pompei d’Abruzzo

Due teste scultoree, ritratti di Massimiano e Costanzo Cloro, sovrani della quarta parte del mondo romano, danno il benvenuto alla mostra archeologica che si apre questa mattina all'Accademia Belgica (fino al 10 dicembre, ingresso libero). Si espone il meglio di quanto gli archeologi hanno recuperato in cinquant'anni di scavi, nell'antica Alba Fucens, in Abruzzo: colonia romana fondata nel IV secolo, a sette chilometri da Avezzano, a mille metri di altezza («in excelso locata saxo», come la descrive Strabone), presso il Fucino, che dà il nome alla città sepolta.
La mostra si divide in due sezioni. La prima, con la documentazione delle campagne di scavo. La seconda, con i reperti: mosaici, preziose tarsie marmoree, immagini di divinità, efebi e dignitari, arredi, testimonianze di vita quotidiana, sculture tra cui una splendida Venere.
Terra devastata dal terremoto, nel 508 dopo Cristo (come accadrà ancora nel 1915, quando Avezzano fu rasa al suolo dal “terremoto della Marsica”), richiama la catastrofe di Pompei. Anche Alba Fucens è diventata un “paradiso” per l'archeologia. Dal 1949, quando cominciò la missione archeologica per iniziativa del direttore dell'Accademia Belgica a Roma, Fernand De Visscher. «Con l'aiuto di mio padre, Franz De Ruyt, e poi di Joseph Mertens, anche lui direttore dell'Accademia, cominciarono gli scavi», ricorda l'ambasciatore del Belgio, Jean De Ruyt, intervenuto ieri mattina alla presentazione della mostra, con la curatrice Adele Campanelli. Presenti anche i direttori generali degli Archivi, Maurizio Fallace, e dei Beni culturali dell'Abruzzo, Roberto Di Paola, e Flavia de Sanctis dell'Associazione Antiqua.
“Poco grano, molti frutti”, è il titolo della mostra, ripreso da una massima latina, a doppio senso: riferita al tempo in cui si coltivavano più mele che spighe, ma anche per significare che gli archeologi hanno fatto un buon “raccolto”, pur nella ristrettezza delle risorse. Gliene è grata Venere, al centro della mostra. Fu trovata nel 1951, in quattro pezzi, davanti a una Taverna. Priva della testa, ci si può concentrare sulle finezze del corpo che abbaglia. Gli operai che la intravvidero per primi la chiamarono “una pietra scolpita”. E l'archeologo De Visscher annotò poeticamente: «Essa mostra il giovane splendore delle sue forme sotto il ridente sole del mattino. Il Sole s'innalza e la inonda di raggi sempre più ardenti. Penso all'invocazione di Lucrezio, alla Dea potente e santa, senza la quale nessuno approda alle sponde divine della luce».
Ma tutta Alba Fucens, è una scoperta, una «grandiosità naturale e illimitata» (come si espresse) Cesare Brandi. Nel cuore dell'antica città romana, municipio “fortissimo” e “urbs munita”, nella descrizione di Cicerone. Con un saluto in versi di Anonimo dell'Ottocento: «Giace l'antica Alba al suol distrutta / Arena ed erba coprono le sue grandezze». Finché i bravi archeologi hanno fatto il "miracolo" di resuscitarla.